CAPITAN ATTILA [EPISODIO V]

Day 2,258, 02:53 Published in Italy Italy by Atlius DC
EPISODIO V: ARRIVANO RINFORZI, VAJURA IN MISSIONE.


Attila osservava le bianche vele che si dirigevano al molo di Orbetello, i lavori fatti in fretta e furia per allungare i moli erano costati poco ma non si poteva dire che il lavoro fosse stato fatto bene. Ad ogni modo dovevano essere provvisori.

Quattro brigantini da Genova era tutto ciò Ianpaolo e Massimo erano riusciti a racimolare ma per pattugliare le coste, a nord, erano più che sufficienti. Massimo aveva informato Attila che i quattro capitani genovesi non volevano soldi ma si riservavano il diritto di mettere le mani su tutto ciò che di "nemico" riuscivano ad agguantare.



E chi era Attila da Roma per negare loro il bottino?

A questo punto la flotta consisteva di 5 brigantini: la San Giovanni Battista, la Vittoria Alata, la Spada, la Nostra e la nave personale di Ianpaolo Solo, la Solitaria. Un totale di 54 cannoni che potevano far da scudo a Orbetello in caso di necessità. Tuttavia la bellezza del luccichìo marino stava per far dimenticare ad Attila la sua visita giornaliera allo sfortunato Hernst Van Baz.
Era tornato da Orvieto camminando a stento, dei quattrocento archibugieri che aveva con sè solo una cinquantina avevano fatto ritorno, e Hernst spossato non aveva potuto raccontare per filo e per segno l'accaduto poichè era finito in coma, almeno a detta del dottore.
Lo stesso dottore aveva detto che poteva anche essere solamente dovuto all'immane fatica fatta per giungere in fretta ad Orbetello.

"Povero Hernst, è stata tutta colpa mia, ho pensato che potesse bloccarli lì per qualche altro giorno, ma mi sbagliavo. Non perderò un amico, fosse l'ultima cosa che faccio"

La stanza del soldato olandese era ben arieggiata anche se dappertutto c'erano bende insanguinate e bacinelle d'acqua sterilizzata. Attila si avvicinò al letto mentre il dottore a bassa voce gli diceva:
-Si è svegliato questa mattina, ha detto qualche parola e fatto qualche domanda, ho cercato di non stressarlo ulteriormente, la prego di fare lo stesso-
-Certamente- rispose il condottiero.

Nonappena il dottore uscì, Attila si sedette sul letto e Hernst aprì gli occhi....anzi...l'occhio, l'unico buono che gli rimaneva, la benda posta sull'altro era piena di sangue secco, il dottore aveva medicato al meglio la ferita ma la cicatrice sarebbe comunque rimasta, essa partiva dal centro della fronte e scendeva sull'occhio destro fermandosi a metà della guancia sotto lo stesso.

-Ti va di raccontarmi come è andata?-
-Direi bene..no?- sorrise sommariamente, quantomeno non aveva perso il senso dell'umorismo.
-Erano tanti Attila, e quel maledetto Ermete Armigero è salito attraverso il pozzo di S.Patrizio, stupido io che non conoscevo quel dannato passaggio, se fossi stato lì sarebbe stato un bersaglio facile..- grugnì tentando di sollevarsi ma Attila glielo impedì.
-Vedi di stare buono per adesso, pensa solo a rimetterti in forze, avremo ancora tutti bisogno di te-.
-Ci hanno stanati come topi e alla fine proprio Armigero in persona mi si è mostrato davanti, in un attimo ho imbracciato l'archibugio e ho sparato, ma l'ho preso di striscio alla spalla destra mentre gli uomini attorno a me combattevano con i soldati di quel diavolo..in men che non si dica me lo sono ritrovato addosso il suo fendente pensavo di averlo schivato rotolando indietro e invece mi ha preso...non mortalmente...ma mi ha preso...-

-Sta tranquillo Hernst, vendicheremo il tuo occhio e tutti i tuoi uomini!- ruggì Attila.
-Non devi dirlo per forza sai? So che la mia occasione dovrà aspettare ancora qualche tempo, ma ti prometto che quando avrai bisogno di me sarò là At!-

-Lo so- rispose Attila.





Tre giorni di viaggio e finalmente il maniero era in vista.
Vajura aveva attraversato da solo con due cavalli la distanza che separava Orbetello da Montalto di Castro per fare "quell'altra cosa", come amava definirla Attila.
Non aveva mai messo in dubbio le parole del generale papale e aveva sempre eseguito ogni ordine, si era sempre fidato ma stare difronte a quel palazzo andava oltre ogni prova gli avesse mai affidato.



Il luogo era a dir poco lugubre, melograni rinsecchiti spuntavano in ogni dove in quello che una volta era stato un bel giardino con fiori e piante da frutto.
Lo stesso maniero sembrava aver visto giorni eccezionalmente migliori, a un angolo si potevano addirittura vedere i sottili mattoni con cui era stato costruito affiorare da sotto l'intonaco, infinite crepe e l'edera facevano il resto facendo sembrare quel luogo la dimora del Diavolo in persona.

Il tempo atmosferico quel giorno poi voleva proprio mettere paura a Vajura chiudendo ogni spiraglio per il sole con grosse nuvole nere che promettevano tempesta più che pioggia.
Il giovane Vajura era fisso dinanzi alla porta con la bocca semiaperta completamente desideroso di andarsene via di corsa. Ma come diceva sempre Attila: "Che uomo è un uomo che non affronta coraggiosamente qualsiasi destino?".
Si fece forza e sbattè il batacchio per tre volte anche se l'ultima con qualche secondo di esitazione rispetto alle prime due.

Passarono alcuni interminabili minuti e proprio quando Vajura si girò la porta del maniero si aprì e nell'oscurità totale dell'interno del maniero scorse i contorni di una figura snella.
Si avvicinò e disse: -Buongiorno mio Signore, mi manda...-
-Vieni dentro!- disse ferocemente l'ombra.
Vajura entrò e cercò di trovare qualche punto di riferimento nell'oscurità mentre la figura misteriosa accendeva i candelabri della sala d'ingresso.
Altri interminabili secondi passarono, poi Vajura si fece coraggio e chiese: -Siete il Conte Nitore?-
Silenzio.
Poi la figura emerse dietro di lui con un candelabro in mano che gli illuminava la faccia solo per metà, i suoi lineamenti erano nobili i capelli cortissimi e aveva degli occhi azzurrissimi, color del ghiaccio.
-In carne ed ossa ragazzino- disse con lo sguardo fisso sul giovane emissario.

Vajura si rilassò, fece un sospiro di sollievo e disse: -Sono felice di avervi trovato mio Signore, mi manda sua Eccellenza Attila da Roma, vi chiede aiuto per difendere il Papa dalla lega creata da Innocenzo degli Innocenti, il mio Signore spera che vi unirete a lui!-

Il Conte Nitore si voltò verso il ritratto di suo nonno appeso al centro del muro est del maniero e con un fil di voce disse: -Ci saranno teste da impalare?-
Vajura spaventato balbettò -C...cr..credo di si, cioè io spero di no m-ma..-
-Posso impalare anche la tua?-
-N-no mio Signore io sono un emissario!- disse tremando Vajura mentre la figura del Conte troneggiava su di lui.
-Allora siamo simili...Vajura...anche io sono un emissario....DEL DIAVOLO!-

TO BE CONTINUED


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