Le armi degli italiani #5 - D'AT3

Day 2,192, 11:28 Published in Italy Italy by Ruben Tabriese

Siamo giunti al quinto articolo della serie dedicata alla storia di alcuni particolari mezzi militari frutto dell'ingegno italiano.
Come tutti sappiamo, sia per luogo comune che per dati di fatto, il nostro Paese ha da sempre sfornato menti geniali, pionieri della sperimentazione ed eccellenti visionari.

Con queste poche righe vorrei presentarvi la figura di un ingegnere italiano alle cui intuizioni devo molto anche in prima persona, capirete perchè.

L'8 ottobre 1930, sulla pista dell'aeroporto di Ciampino, si alzò in volo il primo elicottero italiano perfettamente funzionante: il D'AT3 (la sigla sta per D'Ascanio-Trojani-3), progettato e costruito dall'ingegner Corradino D'Ascanio e guidato dal maggiore Marinello Nelli.
Quel giorno il velivolo ottenne il primato di durata in volo (8' 45"), il 10 ottobre il record di distanza (1.079 metri in linea retta) e il 13 ottobre, con il massimo risalto dato dalla stampa, quello di altezza (18 metri), dati che oggi ci fanno sorridere, ma per l'epoca di trattò di numeri importanti, rimasti imbattuti per alcuni anni.
L'apparecchio eseguì anche numerose evoluzioni all'interno dell'hangar per dirigibili, dimostrando sempre una grande stabilità e un'assoluta docilità ai comandi.


(Nell'immagine d'epoca l'elicottero "D'AT3" di D'Ascanio spinto sul campo in erba dell'aeroporto del Littorio in occasione della "Giornata dell'Ala")

Nell'elicottero D'AT3 le pale, ridotte a due per ciascun rotore, avevano gli attacchi snodati ed erano munite di superfici di controllo, simili ad alettoni, che consentivano di variarne l'incidenza. Una leva del passo collettivo comandava la variazione di incidenza delle pale, ossia della portanza dei rotori, per salire o scendere di quota; inoltre c'era un'elichetta verticale comandata dalla pedaliera (come negli odierni elicotteri) per il controllo direzionale, ma non in funzione anticoppia non essendovi coppia di reazione da equilibrare.
L'assetto laterale e quello longitudinale erano pure governati da due elichette ruotanti nel piano orizzontale.



Corradino D'Ascanio, classe 1891, approdò a questi traguardi dopo anni di esperimenti e di studi. Quel velivolo all'apparenza semplice ebbe una lunga gestazione, molto più lunga di quella dell'aeroplano, per gli innumerevoli problemi statici e aerodinamici creati dal particolare tipo di movimento.
Nel 1925 D'Ascanio infatti fondò una società con il barone Pietro Trojani, che mise in gioco i propri capitali. I primi prototipi realizzati, il D'AT1 e il D'AT2 riuscirono a sollevarsi solo di pochi centimetri per poi cadere al suolo. Il terzo, costruito a Ciampino, fu vincente, ma il D'AT3 restò solo un prototipo perché, anche se era stato commissionato dal Ministero dell'Aeronautica per un importo di 600.000 lire, il Governo italiano si dimostrò ottusamente poco interessato agli sviluppi dell'elicottero.



Così nel 1932 il creatore del primo prototipo di elicottero moderno funzionante, rimasto senza soldi, si vide costretto a sciogliere la Società D'Ascanio-Trojani e a cambiare strategia: dopo il successo tecnico del suo elicottero, infatti, progettò e brevettò nel 1932 un'elica a passo variabile in volo a mezzo di un dispositivo elettromeccanico.
Proprio in quell'anno la sezione aeronautica della Società Rinaldo Piaggio aveva bisogno di uno specialista di eliche e così lo assunse, prima come consulente e poi in pianta stabile.
L'elica a passo variabile fu un netto successo, le eliche Piaggio-D'Ascanio vennero in pochi mesi montate sui migliori aerei italiani, Macchi e Caproni. Dietro il record mondiale di altezza del colonnello Mario Pezzi, che raggiunse i 17.000 metri, e il suo biplano Caproni Ca.161bis c'erano le eliche D'Ascanio che in quell'occasione introdusse anche il respiratore con ossigeno liquido per il pilota (novità non da poco).

Negli anni successivi, con maggiore tranquillità, portò avanti il progetto dell'elicottero P.D.2 (il P.D.1, birotore a rotori coassiali con il rotore inferiore di diametro più piccolo del superiore e rotante a velocità maggiore, era rimasto allo stato di progetto), ultimato solo nel 1943 a Pontedera e quasi subito distrutto da un bombardamento.

Nella primavera del 1946 poi, anno di rinascita e di rinnovamento dopo le devastazioni della Seconda Guerra Mondiale, Piaggio gli propose di migliorare un veicolo a due ruote piccole con scudo di protezione per le gambe, motore centrale e trasmissione a catena, progettato durante gli ultimi anni di conflitto.
D'Ascanio realizzò così un nuovo tipo di motoveicolo, inedito e stravagante pensato per chi, come lui, non amava la posizione di guida tipica delle motociclette dell'epoca. Pesava 60 chili appena, andava con miscela al 5% e aveva ha un motore da 98 cc che presto sarebbero diventati 125 cc: la mitica Vespa 98, progettata da D'Ascanio e prodotta dalla Piaggio, 80mila lire per un sogno di libertà a 60 chilometri all'ora, ma questa è un'altra storia...






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