Politica estera italiana

Day 2,252, 11:43 Published in Italy Italy by Feliks Edmundovic
Preambolo

In Italia, quella vera, dove chiamiamo "politica" il gossip quotidiano dei battibecchi dei politicanti e delle loro posizioni morali che non interessano a nessuno, la "politica estera" è uno strano e fumoso ambito in cui rientra tutto ciò che accade territorialmente fuori dai confini nazionali.
La Farnesina pare essere l'unico organo deputato ad occuparsi di questa materia, che constà principalmente di villeggianti italiani che vanno a perdersi in culo ai lupi o di qualche dichiarazione riguardante la politica estera degli Stati Uniti.

Non dico che questa interpretazione non abbia avuto una sua dignità all'epoca del telegrafo e del controllo statale sui confini e le comunicazioni, ma è un pò debole nell'era della globalizzazione, e sopratutto lo è in un giochino in cui ci si mette più tempo ad alzarsi dalla sedia per farsi un caffè piuttosto che scrivere un messaggio al presidente australiano.

L'"estero" non esiste: qui come in real esiste un unico mondo, nel quale operano soggetti diversi: Stati, Unità Militari, media, singole persone.
Esiste ancora invece la politica "estera" di una nazione, che però è sempre meno il "rapporto di una comunità nazionale verso l'estero" ed è sempre di più (soprattutto su erep) l'atteggiamento e l'insieme delle azioni che una nazione esprime.
Cioè non esiste una politica interna ed una estera, separate: esiste un'unica politica nazionale con articolazioni e caratteristiche diverse, che incide sia dentro che fuori i confini nazionali.

E' del nostro atteggiamento che vorrei parlarvi, e ci tengo a specificare quanto ho appena detto perché il ragionamento che voglio fare riguarda le nostre risorse e capacità nel suo complesso, e non si capisce se si continua ad etichettare la "politica estera" come la misteriosa attività dell'esclusivo corpo diplomatico.


Come siamo messi

Venendo a noi. Siamo un paese medio-piccolo, che fa circa l'1% del danno mondiale. Da anni la nostra attenzione è concentrata sugli affari "interni", il che ci ha portato ad avere un apparato burocratico molto sviluppato (il che può sembrare strano, ma è un bene in ottica internazionale), un Welfare capillare, delle MU molto ben equipaggiate (di cui una statale, punto in più) e una diplomazia bene organizzata (di cui parlerò più diffusamente dopo).

Per contro, questo prevalente interesse interno, che ci ha portato ad essere avanti nell'organizzazione pubblica, nella dimensione culturale (valori comuni, riflessioni, un'attività alta da parte dei giocatori) e organizzativa, dall'altra parte ci ha lasciato indietro quanto a capacità tecniche verso l'estero e innovazione militare (altre nazioni hanno riflettuto molto di più sul rinforzare le divisioni basse, mentre noi tendiamo a far passare tutti velocemente in d4) e più in generale ha fatto sì che, demoralizzati in real come siamo, non ci accorgessimo nemmeno di quanto abbiamo costruito qua.
Il che vuole dire che, se non ce ne rendiamo conto noi, nemmeno gli altri paesi si accorgeranno di ciò che abbiamo.

Fatto questo quadro generico, vediamo quali sono i nostri rapporti con i vicini.


Area croata

I croati non parlano della loro "area".
E' una cosa che può sorprendere i neofiti delle faccende internazionali, ma in realtà siamo molto più noi che ci consideriamo parte dell'area croata di quanto gli stessi croati non vogliano dare a vedere di sapere.
Premesso che, piaccia o meno, la nostra appartenenza all'area è un fatto oggettivo, perché comprende semplicemente quei paesi (HR, IT, BiH, AL) che sono l'obiettivo abituale dei serbi, è bene che vi grattugi un pò le balle sulle caratteristiche della Croazia, sennò non si capisce cosa dico dopo.

La Croazia ha fondamentalmente quattro risorse, che la pongono a guida naturale di quest'area: capacità diplomatiche, capacità militari, disciplina militare della popolazione e una forte immagine internazionale.
La Croazia è il coraggioso Davide contro Golia, che non solo resiste, ma mette anche spesso nel sacco il gigante arrogante: è la paladina dell'onestà, che si fa in quattro per i paesi fratelli.

Questa è la loro narrazione, e questo è l'elemento chiave.
Perché la disciplina della popolazione deriva da questa politica chiara e (tendenzialmente) semplice, che ispira la fiducia nei leaders, e a sua volta questa narrazione si basa su una forza militare discreta e il fatto che la Croazia possa disporre di una rete diplomatica forte e zeppa d'esperienza e dei migliori comandanti militari dell'eMondo.
Cosa dà forza alla diplomazia croata e cosa fa dei suoi comandanti i migliori?
L'essere i più esperti e capaci nel tenere a bada l'enorme mostro serbo.

Da qui si comincia a capire meglio come funziona la loro politica: è un paese che per via del mastodontico e ostile vicino (la Serbia è l'unico paese che da solo fa più del 10% del danno mondiale: totalizza circa il 12% contro il 4% croato) dovrebbe essere perennemente in richiesta di danno, cosa che solitamente indebolisce la propria posizione diplomatica.
I croati invece ne hanno fatto una forza: l'immagine del paese che dice le cose chiaramente ne fa una calamita per i paesi più piccoli e una forza con cui in tanti vorrebbero allearsi (e che trova in tutto il globo combattenti disposti a seguirla).

Il peso internazionale della Croazia (4% mondiale), che si confronta alla pari con la Serbia (12😵 e Spoland (11😵, non si spiega senza la torma di paesi più piccoli che l'immagine croata si porta a traino.
Già Italia, Bosnia, Albania e Messico quasi raddoppiano il 4% della Croazia vera e propria, a cui si aggiungono ben volentieri gli statunitensi (3% circa) e un numero non calcolabile di giocatori sparsi per il globo, che ben volentieri pigiano "fight" per i croati.

Questa immagine "democratica" e "onesta" porta un danno militare ingente, che pone la Croazia tra le prime potenze in grado di cambiare gli equilibri del gioco.

Se ne deducono alcune considerazioni:
1. la forza della Croazia è legata al ruolo della Serbia.
2. il peso internazionale croato si basa sulla sua forza di attrazione politica e militare.
3. la forza di attrazione croata è basata su un'immagine, non su un'effettiva compresenza politica (tipo lo scambio di tecnici e politici tra Spagna e Polonia).

Quella che ci interessa è sopratutto la terza, che ci riporta al dato iniziale, cioè che i croati non insistono sull'esistenza di un'"area croata".
Il che vuol dire che al suo interno l'area croata funziona con la Croazia che prende una decisione e i suoi alleati che la seguono: non con una consultazione e un'azione conseguente.

Per cui si, siamo tutti brothers e la nostra è la brotherhood più salda che mai, ma è il fratello maggiore ad occuparsi di pensare e di trattare, e i minori seguono.

Non è una critica la mia, voglio specificarlo: constato una situazione oggettiva di partenza per capire che possibilità abbiamo.



Spagna

Veniamo così all'altro grosso vicino, la Spagna: un paese che è stato tra i nostri primi alleati all'epoca della fondazione del gioco, e con il quale le nostre relazioni sono andate altalenando, con episodi di guerra isolati (si, ok, la Sardegna, ma è andata avanti per poco).
Più in generale, almeno per parte italiana c'è sempre stata una sorta di NAP implicito verso la Spagna, che l'ha sempre tenuta fuori dai nostri piani militari: atteggiamento che gli spagnoli hanno sempre ricambiato.

Quindi un terreno potenzialmente molto fertile per una collaborazione, ora che ci apprestiamo ad essere dalla stessa parte della barricata: l'accoglienza dimostrata ai nostri compatrioti in Spagna sta a ribadirlo.

E' un rapporto su cui dovremmo investire molto, secondo me: proprio a partire dal nostro legame con la Croazia, e senza prescindere da questo.

Noi siamo per ragioni geografiche ed e-storiche un paese naturale dell'area croata. Si può far finta di non saperlo, ma finché i rapporti numerici sono questi (Serbia forte e noi più deboli della Croazia) la condizione oggettiva è questa.
Inutile illudersi di fare balletti tra la potenza ad ovest e quella ad est: noi siamo nell'orbita croata e qua ci conviene restare.

Però siamo anche il paese di quest'area con i presupposti migliori per sviluppare l'amicizia con la Spagna (l'Albania è quello più distante invece) e dovremmo fare la nostra parte.

Non è niente di cervellotico da fare in realtà: possiamo agevolare lo scambio di cittadinanze, cercare di conoscere la società spagnola a mezzo stampa, discutere le loro posizioni e cazzeggiare con loro in santa pace.

Senza tante alchimie diplomatiche, se già facessimo questo cominceremmo ad essere i depositari della fiducia sia dei croati che degli spagnoli: tanto basta per diventare gli intermediari naturali quando sorgessero attriti croato-spagnoli (e sorgeranno).
Cioè avere un ruolo attivo nella futura alleanza.

E in ultima analisi è questo, e non un seggio di membro fondatore, che può darci diritto di parola nella nuova alleanza.


Francia

Come già accennavo nei commenti dello scorso articolo la situazione di Francia e Germania è delicata, ed è bene occuparsene in quanto condividiamo un confine con i cugini francesi (e un alleato: la Svizzera).

In breve, Francia e Germania sono i nemici naturali di Spagna e Polonia: questo li porrebbe immediatamente al fianco della Serbia in teoria, ma i giocatori tedeschi e francesi (i più vecchi e influenti) hanno una gran parte delle loro amicizie negli USA, in Russia e in Croazia.

Per cui è possibile che si schierino con noi malgrado l'ostilità per Spoland, ma non sarà facile: i bonus che gli ispano-polacchi vogliono (rubber) sono scarsi e la Polonia deve tagliare a metà il territorio francese per acquisirli.
Il che rende l'accordo tra le parti molto difficile: la Croazia e gli USA proveranno probabilmente a spingere verso un'intesa, ma ho molti dubbi sul fatto che abbiano le forze per farla siglare, o che sul lungo periodo reggerà.

Vada come vada, il nostro rapporto con i francesi è buono, ci siamo coperti le spalle a vicenda per un lungo tempo, e oltretutto non abbiamo nessun bisogno di andarci a cercare dei nemici a ovest: ne abbiamo già abbastanza con i nostri vicini orientali.

Per cui io personalmente andrò avanti a sparare per i cugini ancora un pò: se quando le alleanze si saranno concretizzate, loro non avranno concluso l'accordo con Spoland, allora penso che dovremmo adottare lo stesso atteggiamento che avevamo con la Spagna e farglielo capire in modo molto chiaro.
Un NAP implicito: ad ognuno le sue battaglie, e non ci si gira il NE contro.


Strumenti

Qui taglio un pò: avrei delle cose da dire su Svizzera, Bosnia, Albania e Grecia, ma si possono riassumere nel fatto che dovremmo occuparcene, ed è un discorso che si capisce meglio in questo paragrafo, dedicato agli strumenti che abbiamo a disposizione.

Come detto in partenza, la politica "estera" è sempre meno "estera" e più "politica", e rendendocene conto scopriremo di avere molte più possibilità di quelle offerte dalla sola diplomazia.

Un esempio: la nostra organizzazione nel Welfare è all'avanguardia. Abbiamo tecnici esperti, una struttura collaudata e che gode della considerazione e stima di molti.
Ebbene, a nord abbiamo un alleato, la Svizzera, che combatte il nostro stesso nemico, nella nostra stessa condizione di inferiorità: è nostro interesse strategico rafforzare i nostri amici per indebolire i nostri nemici.
Lo possiamo fare attraverso il welfare: la Svizzera è troppo piccola per allestire un servizio da sola, ci vorrebbe troppo tempo e troppe carte per un guadagno minimo.
Noi al contrario abbiamo un servizio solido e ben avviato: potremmo accordarci con gli svizzeri e inserire quel paio di loro giocatori al mese che raggiungono i requisiti nel nostro programma, mettendo le spese sul conto del governo elvetico.

Ci guadagnamo in fiducia reciproca, noi sosteniamo un alleato strategico (si, sò pochi, ma un NE e delle RW sotto al culo degli sloveni non sono da buttare) e loro si rafforzano, incentivando la crescita dei giovani.

Un'altra cosa che possiamo fare è l'invio di tecnici specializzati.
Ad esempio: l'Albania ha provato qualche mese fa a mettere su un esercito pubblico. A noi sembra una cosa facile e scontata, ma organizzare da zero un servizio di supplies quotidiano, un sistema produttivo e una legislazione solida in realtà non lo è proprio.
I nostri ufficiali EI invece lo sanno fare molto bene: è un vantaggio tecnico, e di nuovo potremmo sfruttarlo per aumentare il credito nei confronti dell'Italia e rafforzare i nostri alleati.

Oppure i media: perché non incentivare gli articoli sui nostri alleati mediante concorsi? Penso ai penna e matita d'oro: potremmo inserire un tema o un paese in particolare, o istituire un nuovo premio (e relativi fondi).
Tipo: "che si dice in Spagna. Tot gold a chi fa l'articolo migliore". Sarebbe anche questo un modo di accorciare le distanze e rendere la nostra conoscenza degli alleati (e quindi il rapporto con loro) più solida.


Ultimo punto: la diplomazia.
In tutto questo, il ruolo della diplomazia è nevralgico: nel vero senso della parola, perché è il sistema nervoso che può connettere e dare vita e armonia a tutte queste azioni.
E' fondamentale essere coordinati, e la diplomazia è il modo migliore per trasmettere e ricevere informazioni ed avere una visione d'insieme dell'impatto del nostro paese sulla realtà circostante.

A questo proposito vi faccio notare che abbiamo una delle diplomazie più organizzate al mondo e tra le più consistenti a livello numerico.
In questo contesto stiamo formando un buon numero di tecnici ed esperti, e siamo a buon punto, ma credo si possa fare di meglio.
Anzi dobbiamo fare di meglio, perché siamo delle pippe sul piano militare, quindi se vogliamo recuperare su quello diplomatico dobbiamo avere i tecnici più cazzuti del pianeta.
E' una cosa fattibile, ma bisogna fare un passo in più sull'organizzazione (che già coi consoli ci ha portato molto avanti comunque) e sulla scientificità delle informazioni.
Idealmente si può fare, e ho anche un'idea abbastanza precisa di come, ma aspetto a farvi una proposta perché mi manca un pezzo del ragionamento, quindi ho bisogno di ancora un pò di tempo.



Conclusioni

La conclusione fondamentale è che nessuna alleanza è tenuta a regalare il danno a nessuno: possiamo essere il futuro campo di battaglia, ma se non ci svegliamo saremo solo uno zerbino.
Il danno bisogna andare a prenderselo, l'aiuto bisogna guadagnarselo: dal cielo non arriva.

Certo, siamo una cacchetta, ed è bene che non ce lo scordiamo. Ma siamo una cacchetta in una buona posizione, con delle buone risorse tecniche, che possono crescere ulteriormente.
Siamo un paese con una grande vitalità interna, e questo sul piano internazionale pesa.

Siamo una cacchetta, ma per una combinazione di ragioni molti dei nostri vicini hanno parecchio da guadagnare a collaborare con noi: mettiamoci in gioco, spezziamo l'isolamento e facciamo la nostra parte.


Vostro,
Feliks