Le Magiche Avventure di Xebid - Parte Terza

Day 3,356, 10:08 Published in Italy USA by Jonas Wilson
L'ominide si avvicinava a passi incerti, tradendo un timore che contrastava con le gargantuesche dimensioni.
La nebbia faceva largo alla sgraziata figura. Il ventre pronunciato sembrava una botte di vino, i capelli, lunghi e scompigliati, un cespuglio di rovi. Le braccia, troppo lunghe per il corpo, sembravano quasi sfiorare il terreno a ogni passo ondulante.
Tutto sommato, pensò Xebid, era normale che solo una creatura tanto strana potesse scegliere di vivere in un luogo simile.

"Sei falzoh?" incalzò la patetica figura con un verso gutturale che ricordava un sacco pieno di gattini che rotola giù dalle scale.

"Non ti capisco" rispose Xebid, puntandogli contro un bastone ritorto, unica arma che era riuscito a trovare "non sono falso. Sono Xebid del piccolo paesino. E sono più reale di quanto tu possa sperare di trovare in questo luogo dimenticato dagli dei canuti. Chi sei tu? O cosa?"

La creatura produsse un agghiacciante mugolio, un verso piagnucolante che ben poco aveva di umano.

"No, no, no, noooooo!" la creatura urlava, preda di una disperazione profonda "non capisci! No, no! Sei falzoh, sei falzoh! Non mi ai agurato buongiornissimo! Non hai kaffeeeee! Un veliero uguale un amen! Nooooo! Falzoh, falzoh, falzohhhhh!".

Xebid era paralizzato dalla paura. La triste creatura si contorceva fra gli spasmi e Xebid pensò che sarebbe bastata una parola sbagliata per spingere quella tozza massa di carne in una frenesia sanguinaria.

"Stai... stai bene?" Xebid lasciò cadere il bastone e, facendosi forza, si avvicinò piano al gigante piagnucolante "non ti voglio fare del male. Guarda: non ho più il bastone. Non aver paura. Sono un amico". Nel dirlo, Xebid sentì qualcosa riscaldarsi nel proprio petto. Amico? Era forse possibile?

"A-amico?" il gigante sollevò debolmente il capo e guardò con intensità Xebid in faccia, l'espressione incredula e le guance rigate dalle lacrime "tu amico? Tu non esere perzona falzoh? Amen! Io... io havere kaffeeeee. Tu vuole kaffeeeee? Amico?"

Xebid si sciolse finalmente in un sorriso dolce e caloroso.

"Certo, amico mio. Un buon caffè non potrà che farmi bene. Ti ringrazio. Vuoi farlo qua? Ho già il fuoco."

"No, a-mi-co" il gigante, finalmente, sorrise "mia kasah. Tu veni in mia kasah. Io fa kaffeeeee e noi parla. Tu buono. Tu prafoh. Io porta a kasah e fa kaffeeeee."

"Grazie, gigante buono. Io sono Xebid. Come posso chiamarti?"

"Io... io..." il gigante sembrava nuovamente confuso ma continuava a sorridere, la bocca sdentata una voragine in mezzo alla folta barba "io Bovroc. Bovroc he mio nome. Per ora..."

Le ultime parole rabbuiarono di colpo il suo rozzo volto.
Bovroc si girò, fece cenno a Xebid di seguirlo e si incamminò.
Xebid, preoccupato ma eccitato all'idea di aver trovato un nuovo amico, lo seguì.

Bovroc si fermò dopo pochi minuti davanti all'ingresso di una caverna. Sorrise a Xebid e vi entrò. Xebid fece lo stesso.
La caverna, dopo qualche curva oscura, si ingrandiva ed era stranamente calda e illuminata. Decine di torce accese alle pareti.
Xebid notò subito i rozzi disegni sui muri. Scene di caccia, bancarelle piene di strani macchinari che vomitavano sottili fogli di carta, moke ovunque, guerrieri in armatura con sacche piene di soldi in spalla. E, su tutti i graffiti, sempre una strana figura. Uno strano nanetto rugoso dalle orecchie a punta e il ghigno malefico. Verde. Sempre verde.
Xebid proseguì e si sedette per terra, accanto a un piccolo fuocherello al di sopra del quale erano appese dieci moke di dimensioni diverse.
Strana creatura, questa, pensò Xebid.

Bovroc staccò con agilità una moka da sopra il fuoco, la riempì rapidamente e la appese di nuovo, abbassando il filo che la reggeva, portandola quasi a contatto col fuoco.
Si sedette e fissò le fiamme, rapito.

"È un bel posto, questo che ti sei trovato" disse Xebid.

"Kasah" rispose Bovroc senza distogliere lo sguardo dal fuoco "niente perzone falzih qua".

"Chi sono queste persone false di cui continui a parlare?" chiese Xebid, godendosi il tepore del fuoco.

"Falzih..." mormorò Bovroc, come se stesse parlando a sé stesso "perzone falzih ovunque. Perzone catife. Male! Male! Male!"

Bovroc si stava agitando di nuovo.

"Tranquillo, amico mio. Ci sono io con te, ora" Xebid gli accarezzava la folta chioma, parlando con tono rassicurante "le persone cattive non ti faranno più male".

Bovroc distolse lo sguardo dal fuoco, come se si fosse destato da un sogno, e fissò ammutolito Xebid. Passò qualche secondo con la bocca spalancata, come se non lo riconoscesse. Poi scoppiò a piangere, i singhiozzi facevano sussultare l'assurda figura, tanto grossa quanto fragile.
Si alzò a fatica, asciugandosi il naso con l'enorme mano pelosa.

"Il kaffeeeee he kuasi pronto. Io stanko. Tu bevere kaffeeeee senza Bovroc. Tu essere a kasah cuando io sveglio?"

"Certo, Bovroc. Ci sarò. Non avere timore. Sono tuo amico. Ti sveglierò io domani mattina. I tuoi giorni bui sono finiti".

Il grosso gigante triste andò in un cantuccio, si sedette su un giaciglio di paglia consunta, si coricò e, dopo qualche minuto di sussulti, finalmente si calmò e si addormentò.

Xebid sorseggiò il caffè e considerò che non ne aveva mai bevuto uno più buono. Era strano trovare qualcosa di tanto buono in un posto tanto squallido e triste.
Provò a prendere sonno ma c'era qualcosa che lo teneva sveglio.
Decise di fare qualche passo in giro per la grotta.
Era un posto strano, quello. L'umidità e il freddo di fuori, così come l'oscurità, non trovavano posto nella caverna. Le torce sembravano non consumarsi ed emettevano una luce calda e intensa.

Xebid si rese conto di essersi allontanato tanto solo quando smise di sentire il russare di Bovroc. La mente tornò alla dolce fatina Cassuled.
Un rumore.
Xebid non era sicuro ma credeva di aver sentito qualcosa. Un suono metallico. Come se qualcuno avesse fatto strisciare una catena sulla nuda roccia.
Quel rumore, di nuovo.
Xebid decise di indagare. Seguì il rumore, scostante ma sempre più vicino.
La caverna presentava un'infinità di cunicoli ma Il giovane Xebid andava a passo sicuro. I rumori venivano dall'unica strada illuminata.
Giunse infine a un cul de sac. La luce era abbagliante. Il rumore metallico cessò di colpo. La luce si abbassò, come a comando.
Xebid scorse sbarre metalliche. Piccole celle si incastravano nella roccia. Le dimensioni erano molto ridotte. Una persona normale avrebbe toccato la parte superiore con la testa e non avrebbe potuto fare più di tre passi in una direzione senza scontrarsi col freddo metallo delle sbarre.
C'erano quattro celle delle stesse dimensioni, una accanto all'altra, e una, più piccola, davanti, al centro.
Nella più esterna a destra Xebid scorse un corpo accasciato su una panca. Era immobile. Perfettamente vestito e in carne, lo si sarebbe potuto scambiare per un uomo addormentato. Ma Xebid notò subito che il petto non si muoveva. Quel corpo non era vivo.

"Lunga è la sua storia" una voce flebile, proveniente dalla gabbia più piccola, fece girare Xebid di soprassalto "ma ininfluente, ormai, essa è".

Un omino piccolo piccolo e verde si fece avanti all'interno della sua minuscola gabbia, orecchie a punta e catena al piede destro.

"Chi sei, tu?" l'omino verde domandò con calma.

"Xebid" rispose il giovane, confuso e un po' intimorito "sono Xebid. Vengo dal piccolo paesino e..."

"Interesse in questo non ho" lo interruppe l'omino verde con un ghigno "liberarmi. Ciò importante è".

"Non so nemmeno chi sei. Perché ti dovrei aiutare?" chiese Xebid, dubbioso.

"Incantenato ora sono. I tuoi occhi questo non vedono?" rispose il nano con una non velata punta di sarcasmo "e incatenato lasciarmi vuoi? Giudicato male, allora ti avevo!"

Xebid, imbarazzato, arrossì e raggiunse la gabbia, iniziando a lavorare sul lucchetto in silenzio.

"E chi sono, tu chiedi? Diritto di sapere tu hai, nobile giovane. Adoy, io sono. Adoy l'Anziano. Guardiano della Sacra Fiamma".


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Fine terzo episodio.
Cosa accadrà ora? Chi è Adoy? E perché era imprigionato dal gigante Bovroc?
Le vostre domande avranno risposta nei prossimi episodi.
'nuff said.

Onde evitare censure dovute a segnalazioni moleste motivate dalla non attinenza a Erepublik, preferisco rendere esplicito l'ovvio: i personaggi sono caricature di certi giocatori ben identificabili, il piccolo paesino è l'eItalia, gli dei canuti sono i produttori, sviluppatori e moderatori di Erepublik stesso. Inoltre, si fa riferimento a episodi storicamente rilevanti per la nostra eNazione come la presunta espansione imperiale ad opera di Delussac svariati anni addietro.
Mors & Desperatio.
Toodles!

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Addendum- avevo dimenticato di inserire il concorso di questo episodio. Chi è, o cosa è, il corpo nella cella esterna? Il primo a indovinare vincerà un ruolo da guest star nei prossimi episodi. Nel caso in cui il vincitore dovesse essere stato già previsto nella storia, questi vincerebbe un ruolo ricorrente in più episodi, "upgradando" il proprio status.