Il bastone e la bisaccia

Day 2,180, 13:19 Published in Italy Croatia by Squatriota


Movimento!: araba fenice o minestra riscaldata?
In questi giorni, ho appreso con gioia del tentativo di riportare in vita Movimento!, il partito apartitico che mi ha allevato e a cui ho dedicato tanto del mio tempo in passato. Con gioia, ho anche notato che l’iniziativa ha riscosso un favorevole riscontro e una discreta attenzione tra i cittadini eitaliani. Effettivamente, ora più che mai, c’è un vuoto politico dovuto non, come in passato, alla mancanza di enti e raggruppamenti, ma alla latitanza e al letargo di quelli che in passato sono stati i fari e le guide della community (Aetg, PCe, il novello BSG).
Ad onor del vero, uno di questi giganti dormienti, questi Ent ritiratisi, il PCe ha da poco riconquistato il posto più alto della piazza, quello da cp, dopo una mancanza dalla scena esagerata considerato il più che consistente numero di elettori; tuttavia, resta un’incosistenza ed un silenzio notevoli, di cui si avverte la portata se si tiene a mente di quanto rumore facevano Scoundrel, LordCi, superpimpo, e ancora prima Lev e flaviocin.



Ne consegue il recupero di un immaginario che a me tanto caro quanto dimenticato o misconosciuto da i più: afro, birra calda, Fallo! e degli ideali di Movimento!, quali, come il buon vecchio Gil ha ricordato qui sono principalmente:
- il rifiuto di ideologie real life;
- il rifiuto del flame e dello scontro fine a se stesso;
- la fratellanza e il mutuo aiuto tra i membri;
- il non prendersi troppo sul serio.
Per approfondire, I nostri princìpi, pubblicato su Fallo!.
Il rischio è una appropriazione abusiva e pedissequa di questi concetti, che diventano solo dei meri orpelli con il fascino del vintage ed un appeal usato sicuro.
Inoltre, è un errore pensare di poter riportare Movimento! agli antichi fasti o poter riproporre quel che è stato: la community è cambiata drasticamente, e cambiati drasticamente sono le scale di valori, gli immaginari, i meme e i modi di fare. Non ci sono bandiagara, Nemek, Catone, Laguna, Selina, e tutti i giganti sulle cui spalle cui io, forse immeritatamente, ho avuto l’onore di procedere, ed in un mondo in continuo movimento sino al limite della tachieestranietà al mondo (come la definiva O. Marqaurd), la mera nostalgia può essere letale, anche perché il pericolo dell’idealizzazione e della mitizzazione è sempre in agguato e pende sulle nostre teste a mo’ di spada di Damocle (e i latini, Catone e Sallustio in primis, lo testimoniano inequivocabilmente).
Allo stesso modo, forme e simboli come l’afro, con l’Afro così distante, sono anacronistici e mera idolatria, quel che, per intenderci. ha fatto gettare a terra le Tavole della Legge da Mosè, e la sua conseguente preclusione dalla Terra Promessa.

damnatio memoriae, né copycat.

Then the Geat people began to construct
a mound on a headland, high and imposing,
a marker that sailors could see from far away,
and in ten days they had done the work.
It was their hero's memorial; what remained from the fire
they housed inside it, behind a wall
as worthy of him as their workship could make it.
And they buried torques in the barrow, and jewels
and a trove of such things as trespassing men
had once dared to drag from the hoard.
[...]
Then twelve warriors rode around the tomb,
chieftain's sons, champions in battle,
all of them distraught, chanting in dirges,
mourning his loss as a man and a king.
Autore ignoto, Beowulf

Di riti del genere, con la cremazione non solo del corpo del sovrano ma di tutto l’ambaradan di immagini che ad egli si confanno, l’antichità è piena: è il funus imaginorium. Addirittura, ci raconta Bickermann, il rito funebre di Antonino Pio si articola prima con il seppellimento del suo corpo, poi con il funus publicum di un’effige di cera modellata sul defunto, su cui viene trasferita la vita dell’imperatore stesso, e portata in parata.
Giorgio Agamben, nel suo Homo Sacer. Il potere sovrano e la nuda vita, delinea un’interessante e piuttosto originale interpretazione di questo fenomeno; il sovrano si carica di un’intensità che la morte del corpo non basta a scontare: occorre distruggere anche la sua imago, affinché il suo spirito non continui ad aleggiare come larva tra i vivi.
Allo stesso modo, uno dei più apprezzati pittori contemporanei, Nicola Samorì, copia ciò che Warburg definisce immagini permanenti, fantasmi nell’immaginario collettivo, e se ne libera con un atto brutale, che ne distrugge la forma e l’identità (non a caso, nella maggior parte dei casi sfregiandone il volto).

Ma se lì abbiamo una ribellione, ciò che in eItalia, da qualche tempo si verifica è più che altro un disinteressamento. Ora, io ritengo che ciò che c’è di lodevole in questa iniziativa sia l’atteggiamento che noi tutti si dovrebbe tenere nei confronti di un passato che pre-esiste: né la ribellione, né la copia pedissequa (anche in virtù di quanto affermato ieri in quest’articolo). Né damnatio memoriae, né copycat: una community che ignora le sue origini è una community povera, ma misera è anche una community che mitizza i suoi predecessori, presenze scomode e asfissianti, e ne è talmente satura da rendere necessaria la distruzione del passato per affermare la propria autonomia, come i futuristi, per i quali l’uomo esce mortificato e calpesto dal confronto coi grandi classici.
L’atteggiamento è tutto contenuto nella differenza tra copia ed imitazione, su cui i teorici del Neoclassicismo, uno su tutti Winckelmann, si sono espressi in abbondanza: copia è il ri-fare passivo, l’imitazione è la rielaborazione di contenuti già esistenti per partorire qualcosa di nuovo ed originale, se non originario.
Palesemente, alcuni ideali di Movimento! sono anacronistici: inutile affermare il ripudio delle ideologie RL, grazie al cielo flaviocin & Co. hanno lasciato. Resta invece l'invito a non prendersi sul serio (e quanto ce ne sarebbe bisogno, anche sotto la maschera della simpatia!) e il rifiuto del flame fine a se stesso.
Inoltre, non basta farsi ammaliare ed accettare asetticamente l’eredità dei padri, ma riconquistarlo: è proprio questo, scrive Recalcati, il compito del figlio, commentando la figura omerica di Telemaco.
Ciò che hai ereditato dai padri, riconquistalo, se vuoi possederlo davvero.
Sigmund Freud, Compendio di psicoanalisi, citando Goethe



Vi lascio da un passo di un discorso tenuto da don Tonino Bello, che sintetizza al meglio quel che ho tentato di dire, spero non tediandovi troppo.
Il bastone del pellegrino è il simbolo evocatore della transumanza, trans-humum, passare da una terra all’altra, un termine pastorale [...] Il bastone è il simbolo del cammino, un cammino faticoso e purificatore che ogni cristiano deve compiere; il bastone è una provocazione permanente a lasciare gli antichi bivacchi attorno a cui il racconto delle gesta dei padri è gratificante, la rievocazione rituale delle grandi epopee religiose scandisce i ritmi del tempo, l’esplosione corale dei vecchi ritornelli può rimanere consolatoria, il vivere di rendita diventa quasi un comando, e nelle pupille davanti al fuoco che crepita c’è solo spazio per i riverberi del passato. Oggi bisogna lasciare la staccionata della rassicurante masseria di famiglia, e mettersi con coraggio sulle strade dell’esodo, verso gli incroci, dove confluiscono le culture e le razze si rimescolano e le civiltà sembrano ritornare alla vecchia placenta che le ha generate, ove i popoli ridefiniscono i tratti della loro anagrafe secolare. Ma il bastone non ci provoca non soltanto a metterci in viaggio, ci provoca soprattutto a metterci in viaggio verso la montagna di Dio [...], alla ricerca del Suo vero volto, che trascenda le immagini fatte a misura d’uomo. [...]
Una seconda cosa prenderei, la bisaccia del cercatore. [...] Un po’ come fece San Paolo, il primo grande santo di statura europea [...]: più che con la spada, San Paolo bisognerebbe raffigurarlo con la bisaccia, teso com’era a raccogliere i valori della cultura che aveva attorno: “Esaminate ogni cosa - scriveva nella Lettera ai Tessalonicesi - Trattenete ciò che è buono” [...] Disponetevi cioè all’analisi critica di tutto ciò che il mondo vi offre, poi mettete nella bisaccia del del pellegrino, cercatore, tutto ciò che trovate di buono, anzi tutto ciò che trovate di bello.
Don Tonino Bello, La bisaccia del cercatore