[Riflessioni] C'era una volta un soldato...

Day 1,959, 01:05 Published in Italy United Kingdom by militarista
PREMESSA: Questo articolo è una visione con qualche significato di fondo non troppo evidente che non vuole offendere nessuno ma solo essere spunto di riflessione, o almeno d'una risata. Mi sono accorto che ha una certa musicalità ma ciò non vi distolga dalla lettura.
C'era un volta...

C'era una volta un giovane bimbo - posto dalla vita crudele su un campo di battaglia - , il cui nick nella storia è senza nome e di cui ormai nessuno ricorda il sorriso, i sogni e l'emozione che lo prendeva quando quel vecchio ufficiale gridava "Avanti! all'attacco!"

C'era una volta un soldato con lo sguardo da ragazzino, l'elmetto troppo largo che quasi gli cadeva quando gridavano "Avanti! All'assalto!". Era cresciuto nei pascoli d'una verde valle, pacifica e chiara nel sole, sfamato dalla Buona Italia, figlio d'un pastore. E adesso in una trincea che pare una tomba, scrive con mano tremante una lettera alla casa che ha lasciato. Milita ora nell'esercito, non più in Accademia, e combatte per l'alleanza - EDEN - in fronti lontani dalla sua patria. Carica il fucile e lucida la baionetta, ma con il pensiero è alla sua Serva Italia schiacciata dagli invasori. Ma un grido lo distoglie dai suoi pensieri "Avanti! Per EDEN!" e corre verso la morte, lontano dal suo paese.

E mentre i soldati muoiono su un fronte lontano, in Italia l'armi taccion e nel Palazzo si discute, si discute invano...

C'era una volta un bambino divenuto uomo, cresciuto troppo in fretta, che scruta un paesaggio ormai devastato. Si ricorda l'Accademia, il paese, l'Italia per cui nello sperar combatteva... ma son ricordi poco nitidi. Da troppo tempo combatte per una Fratellanza che non si rivela tale, che strappa i fanticelli ai loro pascoli e li getta in trincee lontane. Da troppo tempo riceve ordini in croato e romeno e quel vecchio ufficiale è sepolto a pochi metri da lui, ucciso gridando per l'Italia da una pallottola ungherese in terra Croata. Ogni tanto guarda sull'uniforme, l'unico tricolore che vede è quello là ricamato. Non scrive più lettere, la guerra l'ha cambiato.

E mentre i suoi figli giacciono dormienti su un fronte lontano, in Italia l'Imperatore tratta coi nemici e nel Palazzo si discute, si discute invano...

C'era una volta un uomo, saldo nella sua posizione, strappato dalla sua terra, di suo figlio non sapeva che il nome. Ormai l'elemetto gli calza alla perfezione e per ogni amico che ha perso ora ha una stelletta sul bavero dell'uniforme. Ma i Gradi non possono rendere alla vita chi ormai da tempo dorme. Della sua Patria non sa più nulla, se non che lo manda a morire in una regione remota; sa che della Serva Italia gli Sloveni fan ciò che vogliono e nel mentre sorridono ai nostri legati: mai si rivelò una grande strategia passare dalla parte di chi ci ha torturati. Lui combatte, fedele ad una bandiera più che ad un governo, sogna come da ragazzino - ormai è finito l'inverno. Vuole rivedere per un'ultima volta i suoi pascoli, la sua Nazione e quel figlio che diviene adulto, che porta il suo cognome. Ma tuona gelido un grido in un'altra lingua, di nuovo avanti verso la Morte!

E mentre i suoi eroi diventano eterni su un campo lontano, la popolazione è incerta e nel Palazzo si discute ancora, ma si discute invano...

C'era una volta un eroe, un milite di cui non ci si ricorda il nome, ora giace con fisso negli occhi il cielo, in una terra senza ragione. Ora è là, una statua al valore di quell'Italia per la quale sognava. Per quell'Italia che ha la virtù nei suoi fanti e non nelle sale del potere... Per quell'Italia che mai doma giammai avrebbe chinato la testa di fronte ad un oppressore che la voleva far tacere. Nella polvere sta morendo il Nostro ultimo onore, nella terra sta scomparendo pensando al suo vero Amore di cui non ricorda che il sorriso.

E mentra la Patria soccombe, ferita a morte su un fronte lontano, quelli che si dichiarano suoi salvatori trattano col nemico e nel Palazzo si discute, si discute invano...



Non dimentichiamoci chi sono i veri eroi, che non sono quelli che pensano di poter scrivere un avvenire che non gli appartiene.

Castell


Questo articolo ha vinto il premio "Penna d'Oro" - Aprile 2013.