Cronache di guerra: la campagna in Messico

Day 980, 18:00 Published in Italy Italy by Viandante

Messico.
Da quando siamo qui ho imparato molte cose su questo paese.
L'affascinante patria e tomba dei Maya, Toltechi e Zapotechi, popolazione indigene trucidate dalle nostre armi e dai nostro batteri quasi un millennio fa.

Non mi sorprende che non abbiano un occhio di riguardo con noi.

Abbiamo fatto di testa nostra, ci siamo presi questo piccolo paradiso petrolifero per farlo fruttare il più possibile. Siamo stati giorni a presidiare il territorio militarmente, a controllare che sia tutto a posto. L'afa ucideva più delle pallottole.
Poi dalle radio l'annuncio.

Eravamo in guerra col Brasile.

Gli ordini erano precisi e inconfondibili: catenaccio intorno alla città, ogni unità in un punto strategicamente favorevole, occhi aperti e armi cariche.
Sapevamo avrebbero attaccato col favore della notte, ma non potevamo abbassare la guardia.
Finito il mio turno, verso le 21, forse le 22, vado in branda. Non ho neanche il tempo di sognare la mia moto nera scintillante nel mio garage, che mi aspetta a casa, che scatta l'allarme.

Caporale Viandante, 22 anni, da due giorni nella 3a Armata, Brigata Aviazione Esercito, sveglio da 18 ore.

Infilo l'elmetto correndo verso le piattaforme di decollo: c'è un gran trambusto, ma siamo in pochi.
Il loro attacco è stato ben pianificato, in un orario critico.
Raggiungo il mio ferrovecchio, non ancora riparato. Dopo otto combattimenti eravamo di nuovo su quella pista, a scaldare il motore, sperando che non saltasse tutto in aria alla prima folata di vento.
Per fortuna che anche durante la notte c'era afa.

Termino i controlli, vado in ricognizione.
La prima truppa di fanteria nemica ha fatto l'errore di rimanere in campo aperto: piccole pecore nella foresta del lupo. Li elimino rapidamente, grazie ad un dio che non credo esista in questo inferno questa vecchia carretta digerisce il piombo abbastanza bene.
Vedo un carro che tenta di attraversare un ponte poco distante: mi avvicino il più velocemente possibile e mi unisco ad altre unità alleate che lo attaccano. Il carro va giù, il ponte ancora regge, ma un sopravvissuto dell'unità di fanteria precedente, miracolosamente tornato in campo, spara un'ultima, disperata raffica che colpisce in pieno il serbatoio.

L'atterraggio di emergenza mi porta direttamente in una pianura, circondato da nemici distanti. Riparo velocemente il danno, uso il kit di pronto soccorso che ho dentro e riprendo quota.
Ho abbastanza benzina per un paio di combattimenti, per sicurezza decido di far fuori la fanteria che mi aveva costretto all'atterraggio.
Comunicazione radio: "RITIRARSI IMMEDIATAMENTE, ripeto, RITIRARSI IMMEDIATAMENTE!".
Un piccolo problema ai comandi del ferrovecchio non mi permette di impostare una rotta buona per la ritirata, e vedo il soldato che alza di nuovo il fucile. Lo avevo già sotto tiro, premo il pulsante sulla cloche. Questa volta lo uccido per bene.
Tento la ritirata, sono lontano dal campo base ma ci provo. I loro elicotteri sono più veloci e più letali del mio (giurerei che le deflagrazioni del primo che mi ha attaccato potessero fare il triplo dei danni dei miei missili), ma provo a scappare. Mi raggiunge un carro, che mi prende in pieno. Controllo a fatica l'elicottero mentre cerco di fasciare le ferite con le poche bende rimaste. Perdo tempo, mi muovo lentamente, ancora problemi coi comandi.
Un secondo elicottero sopraggiunge, e mentre un razzo sta per prendere il mio posto in cabina premo il pulsante dell'espulsione.

Cado a nord dell'esplosione del mio elicottero. Mi dispiace per quel ferrovecchio, avevamo fatto faville insieme, ma in questo mondo moderno l'ultima cosa che un esercito può permettersi è portare una vecchia vasca da bagno a motore in battaglia.
Stacco l'ultimo medikit dal vano nascosto sotto il sedile, stavolta riesco a malapena ad alzarmi.
Chiamo con la radio la base, indico la mia posizione. Purtroppo sono accerchiato, non è facile venirmi a recuperare.

Nel frattempo ho trovato un buon riparo: già tre pattuglie sono passate di qua e non mi hanno visto.
Resterò qui a riposare. Chiuderò gli occhi, farò finta di essere a casa e quando li riaprirò sarò esattamente sul tetto di casa mia, ad ammirare il cielo stellato, i traccianti come splendide stelle nascenti mi faranno compagnia fino all'avvento del sonno.

"Arruolati, girerai il mondo!", dicevano. Ma ora come non mai desidererei essere a casa.