[INTERNI] Racconti del Nuovo Mondo: Orrore senza testa - Prologo

Day 2,894, 08:32 Published in Italy Italy by Ministero degli Interni

Oggi, Giorno 2894 di eRepublik – 13 Ottobre 2015, gli amministratori hanno pubblicato un aggiornamento intitolato “Tales of the New Worl😛 Headless Horror - Prologue” (in italiano “Racconti del Nuovo Mondo: Orrore senza testa – prologo”), probabilmente un antipasto dell’evento organizzato in concomitanza con Halloween, come ogni anno da un po’ a questa parte: nessun'informazione concreta o anticipazione, è soltanto una storiella per creare atmosfera. Quella che segue è una traduzione in italiano del racconto, la cui versione originale è possibile consultarla qui. Il protagonista, Plato, corrisponde a questo utente, appartenente ai fondatori e agli amministratori di eRepublik; il suo nome non è stato tradotto in italiano per ostacolare la sua corrispondenza con il filosofo ateniese, per rispetto dello stesso, per quell’uomo che “ai malvagi non è lice neppure lodare”. La formula magica finale è ottenuta cercando di rendere l’anagramma dall’inglese all’italiano; la frase originale era “ Dlrow wen eht gnitnuah pots reven thgin eht fo redir eht yam. Desruc flesym eralced ybereh I, sdrow eseht gnitats yb”.


Durante il suo peregrinaggio nelle remote lande dell’Asia, Plato venne a conoscenza di un elisir leggendario, chiamato “Pozione di Zucca”. Secondo le storie, chiunque assuma l’elisir da una coppa d’oro sotto i bagliori del nord – durante l’Aurora Boreale, sarà in grado di fare un incantesimo che gli porterà vigore illimitato e prosperità. Plato, curioso di natura, voleva sapere di più riguardo a questo elisir. Per motivi, scientifici, chiaramente 🙂


Nei primi di Ottobre, Plato stabilì la sua rotta per l’India. Finalmente, dopo nove ore dei comfort della business class, l’areo atterrò all’areporto di Delhi. Senza perdere temo, Plato si avventò su Chandni Chowk, uno dei più antichi e trafficati mercati della capitale. Compatibilmente alle voci, lì era dove si poteva trovare lo sciamano. Plato sapeva solo che Sham Po possedeva una piccola e adombrata bancarella, ove vende chincaglierie e fluidi misteriosi. La bancarella doveva essere da qualche nel Chandni Chowk, ma la sua esatta locazione era ignota.

Dopo aver camminato per ore ore tra le viuzze del frenetico mercato, Plato stava perdendo ogni speranza. Era come cercare un ago in un pagliaio! Non aveva visto alcun segno della “Pozione di Zucca” o di elisir promettenti vigore e prosperità. Tutte le volte che aveva chiesto circa allo sciamano, tutti lo guardavano confuso, si grattavano la testa e indicavano il negozio di cosmetici più vicino. Ma nessuno di quei negozi vendevano pozioni! Plato avvertì che probabilmente il suo colorito pallido e la sua folta barba bianca abbacinavano gli indiani, che non riuscivano neanche a capire ciò che cercava.

Montandogli la frustrazione dell’interrogare senza senso, Plato cominciò a urlare, come in preda a isterismi, cercando di trovare lo sciamano.

- “Pozione di Zucca? Sham Po?!?”

Ma era tutto inutile. Il suo strillare si amalgamava col vociare degli altri venditori, ognuno cercando di vendere una vasta gamma di libri, pezzi di elettronica, gioielli, cibo e qualsiasi cosa si possa immaginare. Eccezion fatta per la “Pozione di Zucca”, ovviamente. All’improvviso, il cuore di Plato sobbalzò! Qualcuno stava gridando qualcosa sulle zucche! Ma finì per essere una delusione, come tutto il viaggio, del resto. Il venditore stava solo offrendo un qualche tipo delizioso alla vista di torta di zucca. Non volendo lasciare il mercato a stomaco vuoto, Plato comprò di comprare una torta intera e si sedette per gustare un bicchiere di “nimbu pani”, un beverone simile alla limonata che Plato butto giù per affogare i suoi patemi.

Non appena Plato ebbe finito la sua torta di zucca, fece esperienza di un’epifania magica. Uno di quei momenti in cui una lampadina si accende proprio sopra la tua testa. Uno di quei momenti in cui esclami “Eureka” e salti in alto come un bambino. Con le fauci piene di bolo, gridare era un po’ difficile, ma Plato era ancora stupefatto. “Perché non ci ho pensato prima?””, pensava “Contattare conoscenti del posto, debbo fare. Farmi aiutare da loro, questo farò”, Plato pensò con la voce di una qualche piccola creatura verde.

Plato conosceva molti cittadini potenti sparsi per il mondo. Fortunatamente per lui, alcuni risiedevano in India. Pizzarayne, Dittatore, è uno di loro. Plato decise di fargli uno squillo. Se c’era qualcuno che sapeva qualcosa dello sciamano, quel qualcuno doveva essere il Dittatore dell’India. Saltando a pié pari i convenevoli, Plato andò dritto al punto.

- “O potente Dittatore dell’India, dimmi, come faccio a trovare lo sciamano di nome Sham Po? Possiede un elisir che bramo di ottenere.”

Pizzarayne non aveva mai sentito dello sciamano, ma promise che avrebbe fatto qualche telefonata. Si impegnò a mandare un SMS a Plato con tutte le informazioni che avrebbe trovato. Poiché s’era fatta un’ora tarda, Plato decise che bastava così per allora e andò a dormire nel suo albergo a 5 stelle per dormire un po’.


Il mattino dopo Plato si svegliò per assistere un’alba stupenda. Una vista meravigliosa si stagliava innanzi ai suoi occhi dal balcone, a dargli il ben svegliato. L’India aveva decisamente degli splendidi paesaggi! Nel mentre Plato sorseggiava il caffè servito dal disponibile servizio in camera, ricevette un messaggio da Pizzarayne:

“Hey Plato, ho alcune informazioni per te. A quanto pare, lo sciamano è fuori dal commercio. Ho trovato dove vive, però. C’è un piccolo vicolo vicino alla fabbrica di armi q7. Vai lì e cerca il palazzone. Abita all’appartamento numero 23. Ma stai attento, è un quartiere malfamato, pieno di gente pericolosa. Buona fortuna! - Rayne”

L’ultima volta che Plato si sentiva così eccitato fu al compleanno di Lana. E, ragazzi, era eccitante! Plato non si scoraggiò per i moniti di Pizzarayne. “Il coraggio è sapere ciò di cui non aver paura””, ripeté allo specchio vestendosi.

Il viaggio verso la fabbrica di armi locale a bordo della limousine passò velocemente e Plato non si ricorda molto di esso. L’unica cosa cui riusciva a pensare era tutto il vigore che avrebbe acquisito con la “Pozione di Zucca”. Tutti i gold e tutte le barrette infinite… quella sì che sarebbe stata vita!
Non appena l’autista di Plato si appropinquò alla fabbrica, Plato cominciò a comprendere perché era stato allertato relativamente alla zona. Le strade pullulavano di sinistri figuri. Alla fine, l’autista trovò la strada per il vicolo menzionato da Pizzarayne nel suo messaggio.

Questo non è un posto per gente emerita come me”, pensò Plato. Ma dopo qualche respiro profondo, scese dall’auto e si fece strada tra la folla.


Plato doveva trovare l’appartamento 23, secondo il messaggio. Nessuna delle baracche sembrava abitabile così continuò a cercare. Una cosa era certa: Plato spiccava e raccoglieva un bel po’ di occhiatacce dagli indigeni. Infischiandosene di quegli sguardi indiscreti, che Plato pensò essere di ammirazione e rispetto, continuò ad andare ad ampie e veloci falcate, tanto quanto gli permettevano i suoi sandali all’antica.

Dopo una decina di minuti ad avanzare a spallate tra la gente, Plato finalmente trovò il palazzone. Salendo una rampa di scale scricchiolanti sino al secondo piano, raggiunge in breve l’appartemento numero 23. Febbrilmente, con le mani tremolanti, suonò il campanello. Per un edificio così vecchio, era sorprendente persino che ci fosse, un campanello. I muri erano lerci e macchiati. Era difficile respirare perché l’aria era davvero molto stantia. Ogni secondo di attesa pareva lungo una vita intera. Questa fu la prima volta che Plato cominciò a dubitare delle storie che aveva sentito. E se la pozione fosse stata solo una fanfaluca? E se qualcosa fosse andato male con l’incantesimo? Per un attimo considerava di girare i tacchi e tornare a casa, ma la promessa di un futuro radioso lo convinsero di aspettare un altro po’. Plato bussò gentilmente la porta e suonò di nuovo il campanello.
- “Sham Po, ci sei? Sono Plato, apri la porta, per favore!”

L’intero edificio sembrava come una casa infestata: silenziosa e, be’, spettrale. Plato decise di maneggiare con la maniglia della porta e, per sua sorpresa, l’appartemnto non era chiuso. Mostrando coraggio e una leggera mancanza di buona educazione, Plato aprì la porta ed entrò dentro.

Una coltre spessa di polvere copriva il pavimento. L’appartamento era deserto. Esclusi un divano e un tavolino, non c’era alcun pezzo di mobilio. Non sembrava affatto un posto in cui qualcuno avrebbe potuto viverci. Tuttavia, un uomo sedeva sul divano, indossando un mantello e il suo viso era nascosto da un cappuccio.
Una voce rauca diede il benvenuto a Plato:

- “Ti stavo aspettando, PLato. Sham Po, lo sciamano più potente del Nuovo Mondo, al tuo servizio.”

Dopo qualche attimo di esitazione, Plato salutò lo sciamano e cominciò a spiegare perché era lì. Il nervosismo rese Plato davvero logorroico e la sua parlata fluente durò almeno dieci minuti, senza pause. Durante il monologo, espose le storie che aveva sentito sulla “Pozione di Zucca” e com’era andato il suo viaggio sino ad allora. Dopo che Plato ebbe finito, un silenzio imbarazzante s’impadronì della stanza per un minuto. Quel silenzio fu squarciato, finalmente, dallo sciamano:

- “Dimmi, PLato, cosa vorresti farci con tutta le ricchezze e il benessere?”

“Che domanda facile”, pensò Plato, cominciando a elencare tutto ciò per cui necessitava Gold. La lista conteneva molte cose, tra cui vacanze costose, fabbriche q7 e gioielli per Lana.

- “Molto bene, ho una bottiglia di Pozione di Zucca per te. Ma devi seguire le mie istruzioni, con attenzione.”

Sham Po spiegò a Plato che doveva bere una bottiglia intera di Pozione di Zucca e dire immediatamente alcune parole particolari per attivare l’incantesimo. Lo sciamano scrisse le parole su un vecchio pezzo di carta e versò il liquido in una coppa d’oro.

Plato esitò.

- “Ne sei sicuro? Le storie che ho sentito erano molto chiare: devi fare incantesimo sotto le luci del nord.

Lo sciamano confermò che quelle voci erano corrette. Tuttavia, la sua nuova e migliorata versione della pozione era efficace indipendentemente dalla propria locazione.
Plato prese con decisione la Pozione di Zucca e la bevve tutta d’un fiato dalla coppa d’oro. Dopo, prese il pezzo di carta e lesse ad alta voce la formula magica...

- “Odnaiznunorp etseuq elorap, oraihcid em ossets ottedelam, assop li erilavac alled etton non erettems iam id eratsefni li ovoun odnom.”

Ciò che avvenne dopo non è chiaro. Stando a ciò che sa Plato, fu drogato o avvelenato. Non appena Plato bevve la pozione e lesse l’incantesimo, perse coscienza. Quanto a lungo, egli non lo sa.


Quando Plato si svegliò, era legato a una sedia. Era scuro e non riusciva a vedere alcunché. Doveva essere imprigionato in qualche sorta di cantina, perché faceva molto freddo.

Dopo aver aspettato per un lasso di tempo che gli parve un’eternità, un suono finalmente interruppe il silenzio, il cigolio di una porta che si apriva da qualche parte, in lontananza. Eraancora troppo scuro per vedere qualcosa di definito, ma una specie di bagliore pareva delinearsi lontano. Si poteva distinguere un tramestio cadenzato, come qualcuno che camminava coi tacchi, ma a una velocità disumana. Qualcuno, o qualcosa, si stava facendo sempre più vicino.

Appena l’alone diventava sempre più luminoso, Plato udì nitrire. Era un cavallo! Una figura imponente lo cavalcava. Ma chi? PLato non riusciva a guardargli la faccia, ma più il cavallo si avvicinava, più sbatteva contro la cruda realtà. Non c’era alcuna testa da guardare!

Un’illustrazione

Una voce gelida rimbombò dal cavaliere, spingendo brividi giù, lungo la spina dorsale di Plato.

- “Manda i miei messaggi ai tuoi polli, il Fante Senza Testa sta arrivando per loro!











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Winston