Star Trek, il Comunismo e il Futuro del genere umano

Day 2,423, 14:13 Published in Italy Greece by InnoDC

Salve a tutti 🙂

Oggi raggiungo un altro piccolo traguardo con questo giornale: i 200 articoli.

Data l'eccezionalità dell'evento, ho passato gli ultimi giorni (nei ritagli di tempo che ho trovato) a scrivere questo articolo; un articolo decisamente "diverso" dagli altri perchè, probabilmente, è una delle poche volte in cui mi inoltro fuori dall'arena di erepublik e parlo di cose che non c'entrano niente con il gioco. Parlo di cose che fanno parte della mia visione del mondo; per questo sarà un WoT alla Vajura: riflessioni pseudo-filosofiche (le mie, non quelle di Vajura), tante immagini a caso e ovviamente parole, parole, sempre (e soltanto) parole per voi.
In realtà riprendo in mano, dopo diverso tempo, quel "grezzo fiume di idee" che mi ha poi fatto scoprire la mia vocazione all'Economia. Lo faccio perchè mi intriga confrontarmi con le idee che avevo concepito a 14 anni (o forse anche prima), quando ancora non sapevo niente del Mondo. E vedere quanto c'era di giusto e quanto di sbagliato.
Spero ovviamente che piaccia anche a voi xD

Tutto comincia da Star Trek.


Immagino che non servano presentazioni.
Beh, con un fratello maggiore letteralmente patito di Star Trek (tanto da buttare non so quanti soldi sui dvd di tutte le serie che ha poi lasciato a prendere polvere in quella che è divenuta camera mia), era inevitabile che la mia giovane mente venisse influenzata asd
In realtà, non è nemmeno lontanamente una delle mie serie preferite. Se devo rimanere in tema, preferisco sicuramente Stargate e Star Wars. Anche se in generale ho gusti molto variegati quanto a film 😛
Perchè allora proprio Star Trek?
Semplicemente ci ho visto in diverse occasioni dei messaggi impliciti, dei temi sottesi che difficilmente trovi in altre produzioni cinematografiche, magari più spettacolari (ogni riferimento alla Marvel è puramente casuale).
In particolare, faccio riferimento in questa occasione a quanto afferma Jean-Luc Picard, nel film Primo Contatto. Nel suddetto film, i Borg tornano indietro nel tempo all'anno 2063 per impedire il primo volo a curvatura dell'uomo e vengono inseguiti dall'Enterprise Classe E. Durante la missione, Picard teletrasporta (vado a memoria) una donna di quel tempo sulla sua astronave.


La donna, ripresasi dallo shock, le chiede quando fosse grande la nave e quanto fosse costata.
E Picard da una risposta in cui è racchiuso tutto il messaggio utopistico di Star Trek: Nel XXIV secolo le persone non lavorano per denaro, ma per contribuire al progresso della civiltà umana.
Aggiunge che il denaro non esiste e (mi pare) le mostra il funzionamento di replicatore, un macchinario in grado di produrre qualsiasi oggetto si desideri.
Ora, è ovvio che adesso mi rendo perfettamente conto che nessuno di noi vivrà abbastanza per vedere una tecnologia simile (se mai esisterà); ma all'epoca tutto questo ovviamente mi fece riflettere molto, quasi mi turbò 😛


Non è una mia foto, ma questo bimbo assomiglia molto a come ero io da piccolo u.u

Quali considerazioni generali possiamo trarre da tutto questo?
Probabilmente persone diverse arriveranno a conclusioni diverse.

La conclusione a cui sono giunto io è che il problema della condizione umana ruota tutto intorno alle risorse disponibili. Gli altri fattori che spesso si richiamano sono fuffa.
Da qui l'interesse per l'economia che si definisce come lo studio delle risposte della società al problema della scarsità delle risorse.
Il riferimento a Star Trek è cruciale perchè quella descritta sopra è una situazione in cui l'economia ha esaurito il suo scopo di essere in quanto le risorse non sono più scarse. Il mondo in cui è ambientato Star Trek è un mondo dove l'economia, così come la concepiamo oggi (un economia di mercato ndr), non esiste più. Esiste sicuramente un organizzazione economica, ovvero una capacità produttiva. Tuttavia i beni non sono più rivali nel consumo perchè disponibili in quantità illimitate e quindi non c'è più neppure la necessità di una moneta, ovvero di uno strumento che facili gli scambi economici. Tutti hanno a disposizione tutto ciò di cui hanno bisogno e non devono dare nulla in cambio.

Una società con queste caratteristiche è davvero possibile?
In realtà no ed infatti si aggiunge un ulteriore condizione: "le persone lavorano per contribuire al progresso della civiltà umana".
E' un passaggio fondamentale perchè, nella società descritta sopra, sembra naturale immaginare che se tutti hanno tutto a disposizione, allora nessuno ha bisogno di lavorare e passerà tutta la sua vita a divertirsi. Se così fosse, la società collasserebbe subito.
Ci sono infatti determinate funzioni nelle quali le macchine non possono ragionevolmente sostituire l'uomo. Funzioni quali il Governo, la ricerca e lo sviluppo tecnologico (in generale ciò che a che vedere con la Creatività) e funzioni che richiedano l'interazione sociale. Queste funzioni "minime" devono essere svolte necessariamente dall'uomo, quindi alcuni uomini devono per forza lavorare.
Possiamo perciò immaginare una società in cui una ristretta parte della popolazione svolge queste funzioni e garantisce il corretto funzionamento di un sistema in cui la maggior parte delle persone passa la sua vita senza occupazione.
Purtroppo anche una società di questo tipo non potrebbe durare a lungo. Infatti la classe che lavora e si sacrifica per gli altri è alla costante ricerca di un incentivo che giustifichi il suo sforzo e, se le risorse sono illimitate, l'unico incentivo possibile è il potere politico. Quindi si formerebbe una società con una classe di Elite al comando e ciò potrebbe portare a limitazioni della libertà del resto della popolazione; non sarebbe un sistema stabile.
Per evitare un simile sviluppo è necessario che chiunque legittimi il proprio benessere con il suo lavoro; e dato che non si lavora più per denaro, non resta che farlo per scopi più nobili.
Questa sarebbe sicuramente una società non esente dai classici problemi della corruzione, dell'inefficienza ecc. però un tipo di società futuribile.


Nel titolo ho citato il Comunismo.
Il motivo dovrebbe essere evidente: una simile società è molto vicina all'ideale di società comunista, dove tutte le risorse sono gestite collettivamente. Questo proprio perchè non c'è rivalità nel consumo e quindi tutte le persone hanno accesso ai medesimi beni.
Nel seguito dell'articolo, spiegherò invece perchè il comunismo oggi non sia praticabile.

Gettato uno sguardo, lontano nel tempo, su questa società ideale che dovremmo desiderare di edificare, cosa dobbiamo fare per riuscirci?
E' semplicemente una questione di tempo e di sviluppo tecnologico. Lo scopo di questo articolo è proprio quello di produrre argomentazioni a favore dello sviluppo tecnologico.

A primo impatto, praticamente tutti si dichiarano a favore del progresso tecnico. In realtà esistono fortissime resistenze ad esso, particolarmente in periodi come l'attuale congiuntura economica.

Per spiegare l'opportunità dello sviluppo tecnologico, mi limiterò a trattere la principale tesi che viene opposta ad esso: Lo sviluppo tecnologico riduce l'occupazione. Una argomentazione molto radicata, sopratutto tra i più anziani, e frutto dell'influenza esercitata da istituzioni sociali secolari contrarie all'innovazione (tra tutte la Chiesa e, più recentemente, i sindacati).
Per mostrare, in modo intuitivo, l'erroneità di tali considerazioni è sufficiente fare alcuni esempi storici.
Si pensi agli straordinari sviluppi realizzati in agricoltura nel 1700-1800: il movimento per la recinzione dei cambi, una migliore conoscenza della chimica dei suoli, lo sviluppo dei fertilizzanti artificiali, l'introduzione di macchine ecc.
Questi portarono ad un tale aumento della produttività agricola che un porzione crescente della popolazione non era più richiesta in agricoltura ed era costretta ed emigrare. Quindi aumentò la disoccupazione, ma ciò era un motivo valido per contrastare l'innovazione? Ovviamente no, perchè quella popolazione servì poi per dare il via al processo di industrializzazione.
Allo stesso modo, negli ultimi decenni con la progressiva sostituzione del lavoro manuale con quello delle macchine nella produzione di massa (ovvero la deindustralizzazione), che ha provacato un espansione dell'economia e la nascita di nuove occupazioni.
Per cui è un falso problema quello proposto da chi sostiene che le macchine tolgono lavoro alle persone.
Il vero problema è che bisogna trovare uno "sfogo" per la popolazione in eccesso. E questo ci porta a parlare di un economista a me molto caro, Malthus.


Malthus è importante in questo contesto perchè ha studiato i problemi derivanti dalla pressione demografica sulle risorse, arrivando a sostenere che bisogna fare quanto necessario per ridurre questa pressione. E questa è una idea che condivido.
Ovviamente, all'epoca di Malthus, il principale freno demografico era la guerra. Lo è probabilmente ancora oggi, ma non si possono sostenere politiche che mirano ad incentivare la guerra, pur di ridurre la popolazione.
Però sarebbe ragionevole pensare ad un controllo sulle nascite nei paesi del Terzo Mondo, perchè oggi la popolazione è eccessiva alla luce delle risorse disponibili.
Alcuni "fanatici" sostengono ciecamente che la fame del mondo è causata dalle politiche dei governi dei paesi occidentali. Magari fosse così semplice. Questa conclusione si basa sull'idea che, redistribuendo le risorse alimentari, si potrebbe garantire forse la sussistenza a tutta la popolazione mondiale. Una simile situazione è ragionevole? Davvero l'aspirazione dell'uomo moderno è di vivere in condizioni di mera sussistenza?
La risposta è ovviamente no. Quindi la domanda che ci si deve porre è se ci sono le risorse per garantire a tutti un tenore di vita "occidentale".
La risposta è nuovamente no e di qui la conclusione che la popolazione è eccessiva rispetto alla risorse, dato che nel mondo di oggi nessuno ritieni più accettabile vivere in condizioni di mera sussistenza.
E' inevitabile che questa pressione demografica causa tensioni sociali interne ed internazionali.
L'unica alternativa ai freni demografici è aumentare le risorse disponibili. Per questo è fondamentale lo sviluppo tecnologico.
Seppur sia vero che la meccanizzazione riduce l'occupazione manifatturiera, crea nuove risorse e nuove occupazioni e quindi permette di sostenere più popolazione. Allo stesso tempo, è probabile che provochi anche un aumento del benessere. Basta citare, a tal proposito, l'invenzione dell'elaboratore elettronico.
Non è neppure vero che le risorse siano un limite assoluto alla popolazione. Ciò che servirebbe è la consapevolezza che ci deve essere una correlazione tra popolazione e risorse, non si può lasciare variare la popolazione in modo incontrollato.
La popolazione può aumentare se aumentano le risorse; le risorse aumentano se si ha sviluppo tecnologico.


Come si favorisce l'innovazione? Questa è una domanda un milione di dollari.
Ho individuato tre "leve" che considero quelle principali:
1) Innanzitutto (questa è una sorta di premessa), sia per innovare sia per sfruttare la tecnologica già esistente, occorrono alti livelli di "capitale umano", che si definisce come l'insieme delle conoscenze, competenze, abilità a disposizione dell'individuo. Per avere alti livelli di "capitale umano", occorre investire nell'istruzione e nella formazione professionale. In un mondo altamente tecnologico come il nostro, i paesi con un alto "capitale umano" sono di certo i più competitivi (per intendersi, la differenza tra paesi avanzati e paesi arretrati è che i primi hanno elevato capitale umano e spesso scarse risorse; i secondo dispongono solo di risorse, quindi non fanno che esportare materie prime). Occorre puntare su un sistema scolastico diverso da quello modellato sull'esigenze di 100 anni fa, ovvero una scuola che privilegi le scienze alle materie umanistiche, che fornisca a tutti conoscenze di base almeno sull'economia e il diritto e che punti su un "insegnamento concreto". Questo insegnamento concreto avrebbe due vantaggi: favorire l'attenzione dello studente, che molto spesso non capisce perchè studia quello che studia; e riqualificare le scuole superiori, permettendo alle imprese di attingere da esse giovani veramente qualificati. Ciò permetterebbe di ridurre il peso che grava sulle università (che sarebbero riservate a quegli ambiti che veramente richiedono un simile approfondimento; faccio un esempio, è assurdo che per fare il commercialista si debba fare l'università, visto che un istituto tecnico commerciale ti potrebbe fornire gli strumenti di base, a cui dovrebbe aggiungersi il lavoro in proprio del professionista che si aggiorna, sopratutto sulla normativa fiscale).
2) Per lo sviluppo tecnologico, la pura ricerca è fondamentale. Dato il suo costo e le scarse prospettive di profitto immediato, la ricerca pura difficilmente potrà essere condotta da privati. Quindi dovrebbe essere una funzione fondamentale dello Stato investire in ricerca. Purtroppo, difficilmente le persone colgono l'importanza di questo ambito (come difficilmente colgono per esempio l'importanza della cultura o del turismo per la nostra economia) e, visto che i politici adottano come loro programma quello dell'elettore mediano, è inevitabile che lo Stato riservi buona parte del suo bilancio alla spesa sociale. Questa è una delle ragioni della stagnazione della nostra economia.
Poi, ovviamente, le imprese dovranno sfruttare i risultati della ricerca pura ed investire in ricerca applicata; però la ricerca pura è una premessa necessaria.
3) E' importante per lo sviluppo tecnologico (anche se meno rispetto al passato) anche l'introduzione di innovazioni frutto dell'esperienza pratica sul luogo di lavoro. Molto spesso i lavoratori specializzati in una certa mansione possono riuscire a migliorare lo svolgimento di tale mansione, riducendo gli sprechi o i tempi (questa loro propensione dipenderà anche dal loro "capitale umano"). Anche questo è sviluppo tecnologico, perchè porta ad una maggiore produttività. E' scontato che i lavoratori rendano questo "servizio" alle imprese? Ovviamente no. Nella maggior parte dei casi, lo faranno solo se ne possono trarre un vantaggio, in termini di sforzo nello svolgimento delle mansioni, salario, coinvolgimento nelle decisioni dell'impresa ecc.
Quindi è tutta una questione di incentivi. Il sistema italiano, caratterizzato da sindacati molto ostili alle imprese (i quali spesso preferiscono lo scontro al dialogo) non favorisce la partecipazione dei lavoratori alla definizione dei processi aziendali. Un sistema come quello tedesco è invece molto più favorevole a questa innovazione "empirica".


Dunque, alla luce di quanto detto, perchè il Comunismo ha fallito?
Prendo in considerazione l'Unione Sovietica, in quanto si tratta dell'unico paese di una certa dimensione che sia stato veramente "comunista" (la Cina è un regime dittatoriale capitalistico travestito da repubblica comunista).
In URSS tutti i mezzi della produzione era di proprietà statale, lo Stato controllava tutta l'economia (salari, prezzi, occupazione ecc.). Gli obiettivi, in via generale, dei piani quinquennali erano due: la politica di grande potenza e la piena occupazione.
Il risultato fu che tutte le risorse si concentrarono nell'industria pesante che, nonostante ciò, non fu mai competitiva, mentre l'industria leggera fu trascurata (la Russia doveva importare beni di consumo) e l'agricoltura rimase arretrata. La politica della piena occupazione, invece, favorì l'inefficienza. Un sistema produttivo come quello sovietico era antitetico all'innovazione, perchè mancarono gli incentivi ai lavoratori per applicarsi nelle mansioni (di conseguenza scarsa produttività) e mancarono gli incentivi dei privati ad investire in ricerca, perchè i mezzi erano di proprietà dello Stato. D'altro canto, lo Stato investiva solo in armamenti e industria pesante. Alla popolazione era garantita la sussistenza, ma non c'era possibilità di mobilità sociale. E' un esempio forzato, ma che risulta utile: l'economia sovietica si può paragonare a quella dell'impero romano, dove il lavoro manuale era affidato agli schiavi e questi non avevano alcun incentivo ad introdurre innovazioni, perchè non sarebbero stati loro a godere dei vantaggi delle innovazioni stesse.
La nuova Russia di Elcin e Putin infatti, nel momento in cui è emersa dallo scioglimento dell'URSS, era a tutti gli effetti un paese del Terzo Mondo.
Ovviamente le considerazioni fatte per l'URSS valgono, con le dovute precisazioni, per tutti i regimi in cui le libertà fondamentali vengono limitate.


Quindi, a conclusione di questo articolo, possiamo dire di aver individuato le linee generali di politica economica (e non solo) che si rendono necessarie per garantire all'umanità un futuro prospero. Due appunti, condizioni necessarie per la realizzazione di questo futuro:
1) Il superamento degli Stati Nazionali, la creazioni di confederazioni di Stati regionali e continentali ed infine l'unità politica globale (è un tema talmente ampio che richiederebbe un'articolo a sè per essere motivato adeguatamente, quindi mi limito a citarlo);
2) Uno sviluppo economico sostenibile, preservare l'ambiente deve essere un obiettivo prioritario. Infatti, sarebbe inutile creare le istituzioni politiche, economiche e sociali necessarie a creare la società sopra descritta se, nel farlo, rendessimo il nostro pianeta inospitale. Tra l'altro, il Pianeta è a tutti gli effetti una "risorsa". L'inquinamento diminuisce l'utilità che se ne può trarre e quindi diminuisce anche la popolazione sostenibile, in funzione delle risorse.


Grazie a tutti per l'attenzione, presto novità su questo giornale.

Intanto godetevi il WoT celebrativo per i 200 articoli \o/

Innocenti