Le Magiche Avventure di Xebid - Parte Settima

Day 3,387, 10:44 Published in Italy USA by Jonas Wilson
Il sole era ormai alto nel cielo e riscaldava in maniera a tratti insopportabile la campagna. Xebid, le mani legate a una fune attaccata alla sella del cavallo di Sir Onav, era stanco, sudato e disidratato. Camminava ormai da più di tre ore.

"Muoviti, verme!" ringhiò Sir Onav, girandosi sulla sella "Vorrei arrivare a... Ilopan... prima di pranzo".

Xebid percepí una nota di disappunto che sconfinava in disgusto nel pronunciare il nome di Ilopan da parte del cavaliere.
Il piccolo uccello continuava a volare in cerchi sopra Sir Onav.

"Perché ti segue?" chiese Xebid.

"Chi?" Sir Onav si guardò intorno, tradendo preoccupazione, poi alzò lo sguardo verso il volatile e si limitò a sospirare pesantemente.

Passarono le ore, almeno quattro, secondo Xebid. Sir Onav si fermò subito prima di raggiungere la sommità di una bassa collina. L'aria si era fatta pesante. Aleggiava un odore di marciume e putrefazione. Xebid trattenne un conato e la gola secca raschiò dolorosamente.

"Ilopan" disse Sir Onav, caustico. E spinse in avanti il cavallo. Xebid inciampò ma si rialzò subito.

Giunsero in cima alla collina. Uno spettacolo allo stesso tempo meraviglioso e terribile si rivelò sotto di loro.
Un enorme agglomerato urbano grigio e maleodorante. Il fumo di migliaia di camini saliva alto in cielo.
Xebid si chiese perché tanti camini fossero in funzione con quel caldo.

"Non impareranno mai" commentò con disprezzo Sir Onav come se avesse letto i pensieri di Xebid "patiscono il caldo, se ne lamentano e accendono fuochi che vanno avanti tutto il giorno. Tanto non pagano. Sottraggono il legname al magazzino centrale e lo sostituiscono con immondizia. E consumano. Vermi schifosi..."

"E allora perché vivi qua?" chiese Xebid, confuso "Perché li servi? Perché mi porti da loro?"

"Perché?" rise Sir Onav "Perché si fa qualsiasi cosa? Amore, dovere, abitudine. Ora basta parlare. Andiamo".

Attraversarono decine di strade affollate. L'odore acre di immondizia contrastava con la spettacolare bellezza dell'architettura dei palazzi che costeggiavano ogni viale, ogni vicolo.
Xebid era ammutolito. Aveva anche smesso di pensare alla stanchezza e alla sete.
Gli abitanti parlavano una lingua strana e coloritamente lamentosa. Decine di venditori dalle improbabili acconciature e dagli abiti assurdi si avvicinavano al cavaliere esponendo esotiche mercanzie.
Sir Onav era chiaramente infastidito, nonostante l'elmo coprisse interamente il volto.
Un ragazzino gli urlò qualcosa. Sir Onav alzò la visiera, gli lanciò uno sguardo carico d'odio e tanto bastò per far scappare il giovane.

"Chiedeva perché portassi l'elmo" spiegò il cavaliere "qua non sono abituati. Solo i malintenzionati li portano. E solo per non farsi riconoscere".

Giunsero infine davanti a un grosso castello sul mare. La gloriosa imponenza delle sue mura riempì Xebid di infausti presagi.
Sir Onav smontò da cavallo, legò le redini a un palo vicino a della biada e afferrò con una mano la corda alla quale era attaccato Xebid, strattonandolo.
Il piccolo uccello si posò sui bastioni e iniziò a tubare pigramente.

I lunghi corridoi erano freddi e scarsamente illuminati, creando un grande distacco con le strade afose.
Arrivarono in una scura ala del castello in cui echeggiava soltanto un costante rumore di penna su foglio.
Sir Onav si piantò in silenzio davanti a una piccola porta. Due guardie palesemente annoiate lo fissarono pigramente. Il cavaliere si tolse l'elmo e fissò la guardia più giovane. Non tradiva nessuna emozione. La guardia sbuffò e, aperta la porta, ne varcò la soglia.
Ne uscì dopo qualche minuto, dicendo a bassa voce qualcosa in quella strana lingua incomprensibile.

"Possiamo entrare" tradusse Sir Onav "non parlare se non ti viene rivolta la parola".

La stanza era piccola e buia. Faldoni pieni di carte occupavano tutto lo spazio. In fondo alla sala, sotto una finestra impolverata che faceva filtrare una luce fioca, un piccolo uomo, chino su un foglio, scriveva senza sosta. La sua postura, evidentemente non casuale, aveva deformato il corpo, facendo sporgere una grossa gobba.

"Venite" disse l'uomo senza alzare lo sguardo "Onav, cosa mi porti stavolta?"

Il cavaliere e il giovane si avvicinarono. L'uomo era giovane ma l'unico elemento che lo indicasse era la voce. I radi capelli grigi spuntavano a ciuffi sul cranio coperto di macchie. I vestiti, lisi e anonimi erano l'emblema dell'essenza del grigio. Xebid non avrebbe saputo dire se per la polvere o solo perché sbiaditi.

"Gran Burocrate Ekusimay, buongiorno a voi" Sir Onav sembrava quasi divertito ma Xebid notò della tenerezza nel suo tono.

"Onav" replicò il Gran Burocrate, ridacchiando, sollevando finalmente la testa dalle carte "possiamo anche fare a meno delle formalità, non credi?"

Ekusimay si sporse in avanti e stampò un dolce bacio sulle labbra di Sir Onav.
Il Gran Burocrate aveva occhietti piccoli e grigi a fessura dietro dei minimali occhiali tondi. Le rughe gli solcavano il viso asciutto ma pesante. Puzzava di inchiostro e di chiuso.

"Ekus" disse Sir Onav, visibilmente imbarazzato "ho trovato questo delinquentello accanto al corpo esanime del gigante Bovroc. Nega responsabilità ma Bovroc reclama giustizia. Chiedo che sia..."

"Portalo in carcere" lo interruppe brusco Ekusimay con un gesto della mano, tornando a scrutare le carte sul tavolo "avvierò subito la burocrazia per il processo. Ora vai".

Sir Onav, senza aggiungere altro, ma visibilmente accigliato, si girò e trascinò dietro di sé Xebid.

"Benvenuto a casa" disse Sir Onav mentre spingeva Xebid nella cella "non ti preoccupare: non ci resterai a lungo. La forca è il posto giusto per la feccia come te".

Xebid fece per protestare ma venne interrotto da un pugno metallico in pieno volto.
Sir Onav si allontanò, richiudendo dietro di sé il pesante portone di accesso alle segrete.
Xebid si ritrasse in un angolo, singhiozzante e in posizione fetale.

"Qua qua!" uno starnazzare proveniente dalla cella di fianco ridestò Xebid "Qua qua! Chi sei?"

"Xebid" piagnucolò il giovane "il mio nome è Xebid".

"Piacere, Xebid. Qua qua!" il papero antropomorfo continuava a starnazzare con voce nasale mentre si ripuliva dalle pulci tra le piume col becco "Io sono Muihger. È bello avere un po' di compagnia, anche se, immagino, non per molto".



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Fine settimo episodio.
Chi sarà mai il papero antropomorfo in cella? Riuscirà Xebid a cavarsela anche questa volta? Che rapporto c'è tra Sir Onav e Ekusimay?
Non perdetevi i prossimi episodi per le risposte.
Quanto al concorso: chi sa dire perché Muihger è imprigionato? Il vincitore otterrà un ruolo da guest star nei prossimi episodi. Qualora egli dovesse essere stato già previsto, vincerebbe un premio pari alla metà degli endorsement accumulati nelle prime 48 ore da questo articolo.


Tra l'altro, sottopongo questo articolo alla valutazione della giuria per il premio "Penna d'Oro".

Onde evitare censure dovute a segnalazioni moleste motivate dalla non attinenza a Erepublik, preferisco rendere esplicito l'ovvio: i personaggi sono caricature di certi giocatori ben identificabili, il piccolo paesino è l'eItalia, gli dei canuti sono i produttori, sviluppatori e moderatori di Erepublik stesso. Inoltre, si fa riferimento a episodi storicamente rilevanti per la nostra eNazione come la presunta espansione imperiale ad opera di Delussac svariati anni addietro.
Mors & Desperatio.
Toodles!