[corsivo] Atene e Sparta

Day 4,906, 03:29 Published in Italy United Kingdom by militarista

Di recente, speculiamo più qui sui massimi sistemi e sulle forme di governo che nell'Atene di Pericle. Più della dittatura, l'eItalia ha vissuto una «tirannide»: capisco sia la terminologia a riportarci a quelle coordinate storiche, anche se il nostro massimo splendore culturale coincide con paginate di meme. La nostra ultima speranza è che conquistatori con la fissa degli aforismi rispettino «i templi e gli Dei» di noi vinti per salvarsi. Da cosa, lo ignoro. Forse Eschilo pensava alle regioni in affitto.



Se questo paragrafo avrà alienato l'80% del pubblico, darò la colpa all'occupazione ellenica del Lazio. Enea sei tu? Fine del momento amarcord. Tornando al dibattito: il gioco ammette due sistemi, ogni degenerazione dei quali è puramente teorica. Abbiamo letto sul Risorgimento che una democrazia elettiva senza alternanza né opposizione rischia di diventare un'«oligarchia», mentre le dittature si addirebbero a Paesi con una popolazione attiva sparuta (come il nostro) perché hanno tempi di reazione più brevi. «Potrebbero esistere cattive Democrazie e buone Dittature», si conclude.

La differenza tra le due formule, a mio avviso, è che la peggiore gestione collegiale può essere rovesciata quando cambiano gli equilibri politici. Il partito unico, insomma, è virtuale. Una minoranza cessa di essere tale, e diventa la nuova maggioranza, non appena avviene il sorpasso nei numeri: questa finestra si apre una volta al mese, con le votazioni. Con l'uomo solo al comando, le istituzioni sono svuotate e diventano un dispenser di medagliette. Un ipotetico autocrate democratico, eletto in chiave «difensiva» o sulla base di un accordo tra partiti, che avesse perso la fiducia della popolazione può restare in sella, usurpando la carica, finché non viene abbattuto militarmente, con un costo-opportunità decisamente più alto.

Lo stesso «verticismo» che velocizzava le decisioni rappresenta un pericolo congenito di questa opzione. Come ha colto Cronache Partigiane nel suo bilancio «ancora una volta, questo regime dittatoriale è nato per mano di altri italiani. Non stranieri decisi a ridurci in rovina, ma altri connazionali come noi». Nel nostro caso, non servono dittature «preventive» per metterci al riparo da nemici esterni: il passato recente insegna che le minacce sono innanzitutto domestiche.

Se – come lamentava Gustibus nel suo confronto (link sopra) – una Repubblica senza contraddittorio somiglia a un'oligarchia, anche nella più illuminata tirannide l'opposizione non ha diritto di cittadinanza. Non esiste. Nel primo caso, la meritocrazia interna, se funziona, può coinvolgere i più attivi ed è ogni singolo parlamentare, almeno sulla carta, a incidere su ogni decisione al vaglio del Congresso. Ci sono le direttive di partito, è vero, ma il potere è distribuito tante volte quanti sono i clic sparsi tra i vari giocatori.

Sui difetti di questa ramificazione s'è già scritto troppo. Concludo. Una Democrazia non si limita a tollerare quanti la vorrebbero sciogliere: li coinvolge. In un quadro plurale, sono ammessi alla competizione pure gli esponenti del vecchio regime (il Post ha segnalato legami di questo tipo nel suo ultimo articolo). La differenza tra un sistema e l'altro – se vogliamo restare nel dibattito ideale di Atene e lasciare da parte il militarismo di Sparta – sta tutta qui.


«Freedom is the sole possession of those who have the courage to defend it»