[AVVENTO 1] Fra brina e tramonti.

Day 2,702, 23:44 Published in Italy Italy by Atlius DC

Goditi l'atmosfera.

Era stato un giorno come tanti altri: freddo e misero, avaro di frutti e lungo.
Il tramonto colorava di un fioco rosa le nubi all'orizzonte dell'immensa steppa.
"Siamo ancora lontani..." pensò Attila in cuor suo. Sapeva benissimo che l'ora sarebbe scoccata. Non c'era modo o maniera di rallentare gli eventi che aveva messo in moto.

In quell'aria, piena del fumo che fuoriusciva ancora da qualche tenda in cui uomini valorosi finivano di trangugiare un pezzo di carne cruda tenuta sotto la sella del cavallo, il Re se ne stava ritto sul suo cavallo bianco ad aspettare. Qua e là, le tende dei suoi uomini sembravano enormi funghi nella steppa in cui nulla, a parte rari arbusti, cresceva. Qualcuno dormiva già, qualcun'altro si aggirava fra le tende per la ronda mentre altri ancora giacevano rumorosamente con le proprie donne.

Attila notò il suo scudiero venire da Occidente reggendo il cencio strappato col suo simbolo frettolosamente ricamatovi sopra; al suo seguito v'erano quattro cavalli e quattro cavalieri di quattro tribù diverse. Il Re li abbracciò tutti portando il cavallo di fianco ai loro, uno per volta, quelli gli risposero allo stesso modo. Fu una notte di trattativa a cavallo, come era consuetudine...


Al mattino, Attila, aveva la sua Orda.

Gli Araldi del Re portarono la notizia in ogni angolo del mondo:

"Il Re degli Unni possiede un esercito di sterminata grandezza", oppure "Attila ha riempito la steppa di tende, comanda un milione di uomini!"
Ma l'Araldo che fu inviato ad Occidente, in Italia, portò parole di morte che ancora oggi risuonano nell'aria:

"Giunge il Re degli Unni e degli Alani, dei Vandali e dei Quadi, dei Turingi e dei Grutungi, degli Abkazi e degli Iapigi. Ha scelto la vostra ricca terra perciò fuggite ovunque potete, finchè siete in tempo gemete! Io, l'Araldo, porto le sue parole:

«Eroi! Alzatevi! Rimanga nella polvere colui che veniamo ad abbattere. Venite qui, tutti intorno a me, si canti l'inno del vincitore. I figli di Attila vengono e vincono con un colpo solo. Più rapidi del fulmine, più lesti dell'aquila.

Viva il re delle mille foreste!
di Dio flagello e profeta;
la sua spada è sanguigna cometa,
la sua voce è di cielo tuonar.
Nel fragore di cento tempeste
vien lanciando dagl'occhi battaglia;
contro i chiovi dell'aspra sua maglia
come in rupe si frangon gli acciar.
»

Ogni parola sembrava gridare con violenta furia: "Stiamo arrivando. Stiamo arrivando!"

NESSUNA PIETA' PER I PERFIDI.