[Archeologia] Quando c'era l'uninominale

Day 4,151, 13:11 Published in Italy United Kingdom by militarista
«Si stava meglio quando si stava peggio». È la didascalia perfetta per ogni ennesimo ciclo di articoli e questo testo nasce già invecchiato, tremendamente scaduto. Più precisamente dal 25 settembre 2012. Da quella data, stando alla Wiki, è entrato in vigore il nuovo sistema elettorale: il proporzionale, da Prima Repubblica, che appiattisce e sbiadisce le ricorrenze alle urne, diventate l’ennesimo clic da ordinaria amministrazione, invece di un rituale democratico.

Solo i primi cinque partiti possono proporre candidati al Congresso. L’ho sempre ritenuta un’ingiustizia, che costringe ad apparentamenti innaturali. Se nella Storia i sistemi proporzionali hanno espresso spesso instabilità, questa ghigliottina la annulla, in una specie di oligarchia. Invece di un sottobosco caotico di sigle, è la dittatura delle formazioni major. I segretari di partito stabiliscono la lista, più o meno collegialmente; gli elettori si limitano a vagliarla, barrando il contrassegno. Fine: la dittatura delle percentuali. Viene calcolato un quoziente, i voti necessari a strappare un seggio, con una formuletta che divide le preferenze totale per gli scranni disponibili. Si dividono, infine, i voti incassati da un partito per questo parametro e ne risulta la pattuglia di parlamentari.

Un tempo era diverso. Preistoria. Le formazioni politiche vivevano ancora una fase «di massa». Sui forum, si raccoglievano per tempo le candidature. Erano le strutture direttive, almeno in AetG, a stabilire l’assegnazione delle candidature su base regionale. Già. E, di norma, serviva la gavetta prima di essere indirizzati su un seggio «blindato», cioè un territorio dove il partito vantava uno storico positivo. Faceva parte del fascino: a ogni tornata, si batteva la cartina in una campagna virtuale. In base a quanti cittadini vi risiedevano, ogni regione eleggeva un numero preciso di parlamentari. Erano ambite quelle popolose, come Lombardia e Sicilia, perché la soglia di sbarramento si abbassava e, di solito, si veleggiava sul voto d’opinione. Tradotto: anche se non arrivavi primo, potevi salire sul treno per la capitale contando sul bacino delle preferenze. Erano temutissimi, invece, i «teatri di guerra», perché in caso di conquista ostile il mandato saltava.

Rara fotografia di un dibattito al tempo dell'uninominale

Quel tesoretto si disperdeva, tragicamente, nella «periferia», che in alcuni casi poteva eleggere solo un paio di «onorevoli». Ho omesso un dettaglio cruciale: quella modalità, mista fra maggioritario e uninominale, si basava sulle preferenze: oltre al partito, i cittadini sceglievano direttamente il candidato, cliccando fisicamente sul suo nome. Così prima dei «raccomandati» veniva premiato chi si «sbatteva», contattando con messaggi personali ai limiti dello Spam l’intera popolazione. «So che ti staranno scrivendo in tanti, ma questo non è il solito messaggio elettorale...», mentivo.

Bisognava «trasferirsi» per piazzare la candidatura: stesso meccanismo per le cabine elettorali. Ne risultava un sistema di coordinamento fibrillante, che dirottava i voti in base al quadro in tempo reale, cercando di massimizzare il bottino. I militanti venivano mobilitati nelle ultime ore disponibili, per disorientare e sorprendere gli avversari. C’era, in effetti, il mito della «notte rossa» perché i commies erano particolarmente bravi a soffiarti lo scranno allo scadere. Mi accadde, in più di un’occasione: andavi a letto pregustandoti la tribuna dell’emiciclo, ti svegliavi tagliato fuori dal PCE. Potevi essere una celebrità, ma se quel collegio si comprometteva venivi sacrificato senza tanti giri di parole, magari a favore del novellino di turno.

Il verdetto dipendeva (anche) dalla propaganda

Infine, era la stagione dei «signori delle preferenze». Perché una quota dei seggi spettava alle «Wildcards», cioè ai primi dei non eletti che, indipendentemente dalla geografia, avevano strappato un considerevole ammontare di voti. Più dei «raccomandati», così, veniva premiato il seguito personale nella community. O, tipicamente, i partitini del sottobosco potevano votare in blocco il loro frontman «ospitato» dai colossi della Top5. Va da sé che le date erano cerchiate sul calendario, vissute con impazienza e frenesia: vere e proprie battaglie, combattute – e vinte – da autentici strateghi. Dopo una sequela di tentativi, ricordo, passai finalmente in Abruzzo. Ne nascevano pure amenità: tipo potersi vantare di rappresentare la Lower Austria, all’epoca dell’espansionismo coloniale a Nord. C’era addirittura il Sisde (Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica) che controllava le liste per scovare impostori o sospetti. Quand’è l’ultima volta che avete letto un articolo di presentazione della squadra? È passata pure la voglia, non dico della propaganda, ma banalmente d’accattivarsi la simpatia della platea.

Si tratta di archeologia, ma le sono particolarmente affezionato e – confesso – la rimpiango, come i pionieri delle origini dovettero ricordare i «sindaci». Ma questa è un’altra storia, forse destinata a ripetersi.

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